1.1 Storia
Le popolazioni originarie
Sono stati fondamentali per l'archeologia e lo studio della storia dell'umanità i ritrovamenti di fossili di Australopitechi, in particolare nella Gola di Olduvai nella regione di Ngorongoro (ad opera dei coniugi Leakey), e di altri ominidi a Laetoli, risalenti a circa due milioni di anni fa. Questi ultimi, con quelli rinvenuti in altri paesi (Kenya, Ciad e Sudafrica), testimoniano l'esistenza di ominidi antenati dell'Homo sapiens distinti rispetto all'Australopiteco.
La regione del Tanganyika è stata a lungo abitata da popolazioni di cacciatori-raccoglitori che usavano una lingua caratterizzata da schiocchi e suoni simili a quelli tipici delle popolazioni Khoisan che tuttora vivono in Africa meridionale. Restano oggi due tribù con queste caratteristiche, i Sandawe e, soprattutto, gli Hadzabe (o Hadza), nelle aree centrali del paese. Tali gruppi furono scacciati nei secoli da popoli - pastori e agricoltori - di ceppo bantu migrati da occidente e da popolazioni nilotiche provenienti da nord.
Le antiche vie commerciali, i portoghesi e gli omaniti
Sin dall'epoca dei Sumeri e dei Fenici sono databili le forti influenze asiatiche e mediorientali che hanno forgiato le regioni costiere della regione denominata Tanganyika (l'attuale Tanzania), allorché pescatori e commercianti si spingevano fino alle coste del Mozambico. Anche Assiri, Greci e Romani hanno lasciato testimonianze materiali della loro presenza o dei loro contatti commerciali, diretti o indiretti, su queste coste. Gli Yemeniti dell'allora regno di Saba utilizzavano regolarmente Zanzibar come base di scambio con gli Africani, che fornivano loro avorio, oro, pelli, cera. A partire dall'VIII secolo, commercianti arabi e persiani (i Shirazi, insediatisi a Kilwa e Zanzibar, dal nome da loro dato all'isola, Zang-i-Bar, 'mare dei neri'), ma anche Indiani e Indonesiani, giunti con il favore dei venti monsonici, vi si stabilirono in modo permanente, mentre all'interno si andavano insediando i Bantu. Questi ultimi erano portatori di culti animisti, mentre sulla costa si diffondeva l'islamismo.
Il viaggiatore marocchino Ibn Batouta aveva già fatto scalo a Kilwa nel 1331. Diretto in India per aprire le rotte commerciali dell'allora potente impero portoghese, il navigatore Vasco da Gama fece scalo sulla costa del Tanganyika nel 1498. Poco dopo i Portoghesi stabilirono basi permanenti a Kilwa, dopo averla saccheggiata (1505-1506), e in altre città a sud di Mogadiscio che, con il loro arrivo, cominciarono a cadere in rovina.
I Cinesi, nello stesso secolo, si spingevano sin qui con una flotta comandata da Zheng Le. Le antichissime rotte tra Africa, Mediterraneo e Asia, hanno fatto del Tanganyika una zona fondamentale di contatto tra le civiltà e del commercio delle risorse provenienti dall'interno del continente africano. Da tutto ciò è scaturito nei secoli l'idioma kiswahili, una vera e propria lingua franca che incorpora termini arabi (per almeno un terzo), africani e più tardi anche inglesi.
A più riprese, nel 1622 e per un secolo, gli Arabi omaniti (già presenti a Pemba dall'inizio del '600), insieme agli abitanti indigeni, allontanarono i Portoghesi dalla costa e dai suoi maggiori porti (Tanga e Bagamoyo, che significa 'getta via il tuo cuore', forse perché vi si imbarcavano gli schiavi), affermandosi come i nuovi detentori del controllo dei commerci, in particolare a Zanzibar. Intanto, per le vaste piantagioni bisognose di manovalanza create dai Portoghesi nelle isole dell'oceano Indiano, nei Caraibi e in Brasile, era sempre più conveniente l'importazione di schiavi dall'Africa, forniti dagli Arabi che spesso li usavano per trasportare fino alla costa avorio e altri prodotti. Quartier generale di questa attività divenne sempre più Zanzibar dove si rafforzò il sultanato di Oman-Zanzibar, che nel 1856 divenne sultanato di Zanzibar (comprendente l'isola di Pemba e la città di Kilwa), staccatosi dalla 'madrepatria' in Oman, che aveva per capitale Muscat. L'Oman era stato reso particolarmente potente nella prima parte dell'800 dal sultano Seyyid bin Said, artefice della sistematica tratta di schiavi (circa un milione), che aveva nella 'Città di Pietra' da lui fondata a Zanzibar (Stone Town), il suo maggiore mercato. Fu Seyyid a portare la capitale del sultanato a Zanzibar nel 1841 e a renderla particolarmente ricca, anche introducendo le colture di chiodi di garofano.
Gli esploratori europei
L'esplorazione europea cominciò a metà dell'800, quando due missionari tedeschi raggiunsero il monte Kilimanjaro e, nel 1857, i britannici Richard Burton e John Speke esplorarono il lago Tanganyika alla ricerca delle mitiche sorgenti del Nilo (che in seguito Speke trovò coincidere con il lago Vittoria). Nel 1871, sul lago Tanganyika a Ujiji, il giornalista americano Henry Morton Stanley ritrovò il famoso esploratore inglese, David Livingstone, di cui si erano perse le tracce per anni, pronunciando la storica frase "Doctor Livingstone, I presume?". Nel 1884 la Società Tedesca di Colonizzazione cominciò ad acquisire terra nella Tanzania continentale. La British East India Company, intanto, stabilì una rappresentanza a Zanzibar e nel 1873 costrinse il sultano a cessare il commercio degli schiavi. Nel 1877 fu la volta dei Belgi, che avevano istituito loro basi a Karema e a Mpala sul lago Tanganyika, nel nome del Comitato di Studi dell'Alto Congo, che avrebbe dato luogo allo Stato Libero del Congo. Fu Zanzibar a fornire la base di approvvigionamento per questa colonia belga, come per la maggior parte delle esplorazioni dell'entroterra, che seguivano proprio le rotte degli schiavi. Perciò nella conferenza di Berlino del 1885 si incluse anche l'Africa orientale nel cosiddetto Bacino del Congo, l'area di influenza stipulata tra le potenze coloniali europee. In quella occasione, Gran Bretagna e Germania si spartirono l'area stabilendo che si sarebbe lasciato momentaneamente indipendente solo il sultanato di Zanzibar. Compagnie commerciali, concessionarie dello sfruttamento delle risorse locali, vennero fondate allo scopo di amministrare queste regioni per evitare che i rispettivi governi venissero coinvolti direttamente nella spartizione.
David Livingstone (1813 -1874) nacque a Blantyre (Inghilterra) in una famiglia povera e numerosa. Trascorse la sua giovinezza con i genitori e i quattro fratelli in un monolocale con focolare singolo e servizi in comune. Lavorava dalle 6 del mattino alle 8 di sera nel cotonificio della città in condizioni penose. La sua straordinaria forza di volontà gli permise di andare a scuola ogni sera dalle 8 alle 10 nonostante la stanchezza. A 21 anni con il suo crescente fervore religioso, leggendo un articolo di una Società Missionaria che necessitava di missionari da mandare in Cina, Livingstone abbandonò il cotonificio. Sorretto dal padre e dalla sua incrollabile volontà riuscì a risparmiare per iscriversi al College di Glasgow. Nel 1840, dopo gli studi in medicina e l'educazione presso la Società Missionaria di Londra, Livingstone salpò per Città del Capo in Sudafrica per dedicarsi al problema delle conversioni. Non ci volle molto perché scoprisse che le tribù non nutrivano alcun interesse per il cristianesimo e per i missionari. Pur cercando di imparare la lingua locale e di entrare in contatto con le popolazioni ancor più isolate, non fece determinanti passi avanti; le cifre dei convertiti erano molto basse e gli africani tolleravano i missionari solo perché riparavano le armi da fuoco e regalavano perline colorate.
Ossessionato dal poter predicare il Vangelo là dove nessun altro era mai giunto, Livingstone insieme ad altri missionari iniziò a viaggiare centinaia di chilometri a nord, ma concetti come la poligamia o il peccato erano ostacoli pesanti al cammino dell'evangelizzazione. L'idea di resurrezione o di eguaglianza non erano concetti facilmente digeribili dalle tribù locali ed oltre a questi si aggiungevano problemi legati alle febbri alte e agli animali feroci. Nel 1844, mentre lavorava ad un canale d'irrigazione alcuni indigeni lo chiamarono invocando il suo aiuto perché un leone aveva appena ucciso delle pecore. Nel tentativo di ucciderlo con il proprio fucile, fu azzannato dal leone che gli azzannò un braccio e fu salvato solo dal tempestivo intervento di un altro indigeno, capace di uccidere il leone.
L'anno successivo Livingstone si sposò con la figlia di un missionario, Mary, e insieme si trasferirono in un luogo isolato e remoto dove fondarono una piccola missione ed ebbero dei figli: Robert, Thomas, Elisabeth che visse soltanto un mese, e William. Quando tra il 1849 e il 1851 Livingstone intraprese lunghi viaggi a nord verso lo Zambesi, iniziò a godere di fama internazionale perché scriveva di essere stato il primo europeo a penetrare nelle regioni interne. Queste affermazioni furono accettate da tutti anche se erano false. Già nel 1798 Lacerda, Porto e altri portoghesi lo avevano preceduto, ma egli dichiarava che erano portoghesi mezzosangue. Quando arrivò sulle rive dello Zambesi fu colpito dall'abbigliamento delle tribù: molti infatti portavano mantelli di stoffa europea, di panno e di cotone. Segno che lui non era certo il primo europeo e cosa ancor più grave che la tratta degli schiavi, abolita dall'impero britannico nel 1833, era ancor viva e in misura tale che nessuno in Gran Bretagna sospettava.
In questi anni ebbe l'idea di poter sfruttare il fiume Zambesi come via di comunicazione per il commercio verso l'interno dell'Africa, imbarcò la famiglia per l'Inghilterra per dedicarsi anima e corpo all'esplorazione del fiume. Iniziò a curare i...