Schweitzer Fachinformationen
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Una sera, quando avevo dodici anni, io e mio padre andammo da Howard Johnson per una tazza di cioccolata calda. Con un quarto di dollaro il jukebox nel separé ti faceva suonare due canzoni, e così ne scegliemmo una a testa. Io digitai la mia preferita del momento, Hold the Line dei Toto. Mio padre puntò su qualcosa che non avevo mai sentito prima, una certa Duke of Earl, e si infervorò quando quel "duke, duke, duke" prese a diffondersi dalle casse. Mentre lui cantava io alzavo gli occhi al cielo, ma intanto tra me e me pensavo: Eh, meglio di Hold the Line, in effetti.
Un sabato pomeriggio, mentre ciondolavamo per casa ascoltando album dei Beatles, io e mio padre iniziammo a discutere dell'idea che in astratto fosse possibile mandare in loop una versione di Hey Jude abbastanza a lungo da riempirci una cassetta intera. Non dovevamo far altro che schiacciare PAUSA e sollevare la puntina di tanto in tanto, e smanettare con le manopole del volume. Passata qualche ora, avevamo novanta minuti di "na na naaa", con contorno di "yeah yeah yeah" e qualche "Judy Judy Judy wow". Ascoltammo la registrazione, io non mi capacitavo del risultato raggiunto. Ecco una nuova canzone dei Beatles, mai esistita fino a quel momento. Era Something new, come avrebbero detto loro. La differenza tra Yesterday. e Today. Insieme io e mio padre assemblavamo modellini di aeroplani, andavamo alle partite dei Red Sox. Ascoltando la registrazione, però, capii che era quello il nostro più grande successo. Un orgoglio che neanche Paul McCartney dopo aver scritto la canzone vera e propria.
Oggi, quando riascolto Hey Jude, penso a due cose: che questa canzone non voglio mai più risentirla, e che nel '79 mio padre aveva all'incirca l'età che ho io oggi e, di fronte a un sabato pomeriggio che avrebbe potuto trascorrere come gli pareva, aveva scelto di passarlo con suo figlio dodicenne a fare quella ridicola cassettina. Probabile che se ne sia dimenticato l'indomani. Ma io no.
Di compilation ce ne sono per tutti i gusti. C'è sempre un motivo valido per farne una.
Fes-taaa! Una storia già sentita: ore e ore per creare la perfetta compilation da festa, più dieci minuti per pulire casa e svuotare tutte le bottiglie di alcolici mezze finite in una ciotola di limonata Crystal Light e ribattezzare l'intruglio "Fiore di loto arancione con sorpresa". Poi, a festa finita, quella cassetta la tieni da conto. Sai mai quando arriverà quella telefonata, quella che dice: "Bello, stasera festa! Porta la musica". Perciò fai sempre in modo di avere una o due compilation danzerecce a portata di mano, PER OGNI EVENIENZA, perché NON SI SA MAI, proprio come le lettrici di Cosmopolitan tengono sempre in freddo una bottiglia di bollicine. Passa da te qualche amico per un drink, parte una canzone, un paio di ragazze iniziano a ballare e tu non vorrai mica che si ammosci tutto il clima, no? Un'estate, a Charlottesville, avevo questi vicini al piano di sopra, Wally e Drew, che facevano delle compilation neurobiologicamente progettate per far sì che le loro fidanzate finissero a limonare tra loro. Io c'ero. In quella cassetta Jeff Buckley mugugna una delle sue sciocchezzuole da dieci minuti, dopodiché il suo falsetto sfuma nell'intro di chitarra di Let's Get It On di Marvin Gaye e sbam: ecco che le due tipe s'intrecciano tra loro tipo al palo di una lap dance come due puledrine sfacciate. Quelli sì che ne capivano di compilation da festa.
Sempre un ottimo motivo per fare una compilation.
Motivo ancor più valido per buttar su una compilation! È quando iniziate a scambiarvi canzoni come Dancing in the Sheets degli Shalamar o Let's Do It Again degli Staple Singers, o ancora Soft as Snow (But Warm Inside) dei My Bloody Valentine. Triste, direi. Ho ragione di credere che una ragazza una volta mi abbia scaricato perché le ho regalato una cassetta con una delle mie ballate preferite, roba R&B melensa anni Ottanta: Shake You Down di Gregory Abbott. Non ci ho mai più riprovato. Queste cassette rientrano tra i principali benefici di una relazione seria, insieme ai tagli di capelli gratis. Ci sono coppie che a un certo punto smettono di regalarsi compilation. chissà che fine fanno poi.
Vi siete appena conosciuti. State parlando delle canzoni che amate. Oh, sì, quella band! E loro li hai mai sentiti? Questa canzone ti piacerebbe da matti! Ti faccio una cassetta! Spesso confusa con la compilation "Ti voglio" dal donatore o dal destinatario, il che si traduce in peripezie varie e ilarità a tutto tondo.
Il migliore in assoluto rimane il mix "Ma sta uscendo veramente con quello là?" che Charles, il fidanzato della mia amica Heather, registrò mentre attraversavano quello che senza alcun criterio veniva definito "periodo di transizione". Apriva con Please Please Please Do Not Go dei Violent Femmes, per poi sprofondare nella disperazione - ragazzi annichiliti che imploravano d'essere maltrattati ancora: Why Don't You Love Me (Like You Used To Do)? di Elvis Costello, Hands Off She's Mine degli English Beat, Boys of Summer di Don Henley. Funzionò: finì che si rimisero insieme. Heather la faceva ascoltare sempre a tutti i suoi amici, alla presenza di Charles; per lei era motivo d'orgoglio essere riuscita a fargli passare quei tormenti - e mi sa anche per lui, a questo punto. Vent'anni dopo, eccoli: vivono nello Utah, sono sposati, con quattro figli che devono letteralmente la loro esistenza a quella compilation. Inquietante.
La mia amica Jane venne a trovarmi a Boston l'anno dopo la laurea, all'epoca viveva nella California del Sud. Voleva che la scarrozzassi in giro per la città tutta la notte e per l'occasione aveva preparato una cassetta. Ciascuna di quelle canzoni mi è rimasta incisa nel cervello per l'eternità. Prendemmo la Southeast Expressway sulle note di Friday's Child di Van Morrison. Attraversammo Castle Island con sottofondo di Man of the World di Peter Green. Cantammo a squarciagola su Ventilator Blues dei Rolling Stones, su Stuff You Gotta Watch di Muddy Waters, su Life Through a Window dei Jam e tante altre. Quella notte la passammo in macchina, girando e rigirando la cassetta tra le strade di Dorchester e South Boston e Watertown e Jamaica Plain. E mentre il sole sorgeva lanciammo il nastro fuori dal finestrino. Jane non la vedo da anni, ma ora frequento un bar di Brooklyn chiamato Daddy's, dove il jukebox propone Friday's Child. Ogni volta che sto là a giocare al flipper di Elvis metto Friday's Child, la numero 9317, e la dedico a un'amica ormai lontana, ovunque si trovi.
Renée giurava che il suo migliore amico del liceo piantasse le ragazze registrandogli Free Bird. Un tizio al college scaricava le sue signore con Don't Think Twice, It's All Right di Bob Dylan. Una volta, sempre al college, ero convinto di aver lasciato una ragazza consegnandole una compilation che si apriva con The Thrill of It All dei Roxy Music. Ci misi qualche giorno a capire che lei era del tutto ignara della nostra rottura, e da qui deduco di aver fallito nel mio intento. Perché facciamo queste cose? Cazzari all'ascolto, illuminateci per favore.
Avete presente quelle volte che state leggendo il giornale con un muffin ai frutti di bosco e un bibitone di caffellatte di soia al cranberry e vi accorgete che i ragazzini dietro il bancone si sgolano sulle note di Fresh Flesh dei Fear o Blood Bath dei Drunks with Guns? Un modo tutto loro per ricordarvi quanto odiano quel lavoro del cazzo.
Ai tempi in cui ancora si ascoltava la radio, nello stereo si teneva sempre una cassetta pronta all'uso così da non lasciarsi sfuggire le nuovissime hit della settimana. L'intro usciva sempre tagliata, e verso la fine il DJ riprendeva a ciarlare. Ci ritrovavi sempre qualche disturbo, pubblicità, jingle vari, ma erano tutti rumori che contribuivano alla verosimiglianza da field recording. La cassetta del radioamatore ti riporta indietro alla dimensione spaziale e temporale del primo ascolto di certe canzoni. Sei proprio lì, amico mio. Una ragazza che conoscevo aveva una cassetta da radioamatrice con Rock Me Amadeus incisa cinque o sei volte su ciascun lato; in pratica non faceva che schiacciare RECORD ogni volta che la sentiva.
Ad alcuni piace confezionare compilation da allenamento e portarsele in palestra, ma io non me ne capacito. La palestra per me rovina qualsiasi musica. Mi piace fare lunghe passeggiate, però, cosa che richiede lunghi pezzi di chitarra tra il sussurrato e l'estatico. Ogni volta...
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