Capo I
Delle malattie alle quali stan sottoposti quei che cavano i metalli
Varia e molto abbondante n'è la raccolta delle infermità, che bene spesso alcuni artefici, con estremo suo danno ricavano da quei mestieri che n'esercitano, quasi per suo guiderdone; e ciò, a mio credere per due cagioni succede principalmente: la prima e la principal delle quali si è la cattiva qualità della materia da essi maneggiata, la quale esalando sottili vapori e particelle nocive alla natura umana, ne arreca mali particolari; la seconda si attribuisce a certi moti violenti, scomposti, ed incongrue configurazioni del suo corpo, per cui resta viziata la struttura naturale della macchina vitale in guisa che da ciò poco a poco gravissime infermità ne vanno crescendo. In primo luogo dunque numereremo quei mali che traggono la sua origine dalla cattiva qualità della materia, e fra essi quei che tormentano coloro che cavano i metalli, e tutti gli altri artefici, che ne' suoi lavori adoperano minerali, come gli orefici, alchimisti e quei che stillano l'acqua forte. I pignattari, gli specchiai, gittatori, stagnai ed i pittori ancora, ed altri. Di che sorta poi, e di quanto nociva qualità sieno l'esalazioni che ne stanno nelle vene de' metalli, lo sperimentano più di tutti coloro che facendo l'uffizio di cavar i minerali, e che dovendo star del continuo nelle più profonde viscere della terra, tutto dì bisogna che contrastino con la morte: egregiamente però dice Ovidio (Metamorph. lib. I):
itum est in viscera terrae:
Quasque recondiderat, stygiisque admoverat umbris,
Effodiuntur opes irritamenta malorum.
In fatti dee credersi, che quel poeta n'abbia parlato de' mali che corrompono gli animi e i buoni costumi, e senza dubbio aver voluto rinfacciare l'avarizia e la stoltezza degli uomini che vollero cavar dall'oscuro alla luce quelle cose che noi riputiamo per buone, anzi elegantemente disse Plinio, che abbiamo costituite per prezzo delle cose tutte (bonorum omnium pretium fecimus). Benchè ne sieno la fonte e l'origine di tanti mali, non però fuor di proposito le parole di quel poeta possono trasportarsi a que' mali, che i corpi n'infestano. In quanto poi alle malattie, alle quali soggiacciono quei che cavano metalli ed altri artefici di simil fatta, sono difficoltà di respiro, tisichezza, apoplessia, paralisia, cachessia, enfiamento di piedi, perdita de' denti, ulcere alle gengive, dolori negli articoli, e tremori. I polmoni ancora, e il cervello in tali operanti vengono maltrattati, e più i polmoni, attesochè questi insieme con l'aria sorbiscono l'esalazioni minerali, e sono i primi a sentirne il danno; indi a poco quelle medesime esalazioni passate dentro gli ospizi della vita, e mescolate col sangue, sconvolgono la temperie nativa del cervello e del sugo nerveo, e la contaminano; indi ne derivano i tremori, le stupidezze e gli altri mali narrati di sopra. Quindi di quei che nelle miniere cavano i minerali, suol esserne molta la mortalità. Perciò le donne che si maritano con cotesti uomini, si maritano più volte, attesochè al dire di Agricola presso le cave del monte Carpazio si sono vedute donne che avevano avuti sette mariti. Di questi uomini così dice Lucrezio (lib. vivers. 813).
Nonne vides, audisve perire in tempore parvo
Quam soleant? et quam viri copia desit.
Pertanto il cavar metalli tempo fa, ed ancor al presente in que' luoghi dove sono miniere, fu solito d'esser una sorta di pena, imperocchè i malfattori e i rei di gravi delitti vengono condannati a cavar metalli, come anticamente i seguaci della religion Cristiana solevano condannarsi alle miniere, come si può leggere nel Gallonio de' tormenti de' martiri. Si trova un'elegante lettera di san Cipriano a più vescovi e diaconi, i quali la barbarie degl'imperadori aveva mandati a cavar i metalli, nella quale n'esorta i medesimi, che in quelle caverne, d'onde cavassero l'oro e l'argento, si rendessero vero oro di Gesù Cristo. Vedesi altresì presso il Pignorio nel libro de' Servi un'immagine di un cava-miniere, copiata da un'antica figurina, dalla quale n'apparisce quanto infelice ne fosse la condizion loro; stante che avevano la testa mezzo rasa (col qual contrassegno al tempo antico i servi venivano distinti da' fuggitivi che n'erano rasi del tutto), e la coprivano col cappuccio della veste. Nè forse a' nostri tempi io potrò darmi a credere, che nelle miniere quegli operai siano di apparenza più bella, essendo che quantunque ben muniti di vestimenti, e pasciuti di congruo vitto, atteso l'orrore del luogo e l'oscurità, vengono fuori all'aria chiara non altramente che se venissero da casa del diavolo. Pertanto qualunque minerale ne cavino si tirano addosso gravissime malattie che sovente non cedono a qualunque medicatura, sebbene taluno n'ordini loro convenienti rimedi; benchè pare che sia dubbioso, se possa credersi offizio pietoso usar rimedi a sorte tali di persone, e allungar loro la vita per mantenerli miserabili.
Ma perchè a' principi e a' mercanti ricchezze grandi sovente ne provengono dalle miniere de' metalli, e quasi a tutte le arti necessario si è l'uso de' metalli, perciò per conservare questi artefici, bisogna esaminare le infermità di essi, e proporre le cauzioni e i rimedi, cosa che parimente fu in uso presso gli antichi, in guisa, che a' tempi nostri alcuni scrittori de' metalli molto acconciamente scrissero delle malattie de' cava-miniere, del loro governo, ed altresì de' rimedi. 1.º Giorgio Agricola (De re metallica, lib. 6) 2.º Bernardo Cesi modenese S. J. (in sua mineralogia, t. 2., l. 10, se. 2, c. 2) dove si trovano molte cose degne da sapersi intorno a' condannati alle miniere, e della cura e dieta loro. 3. Atanasio Kircher (De mundo subterraneo, l. 1, se. 5) 4.º P. Lan (in magisterio artis et naturae, tom. 3, De morbis sympatic.). D. Ramlovio, che scrisse anch'esso un trattato della paralisia, e tremore di quei che cavan metalli. Adunque alla infelicissima condizione di simili artefici convien trovare nella dispensa dell'arte medicinale qualche rimedio o sollievo; e avvengachè quasi innumerabili sieno le qualità de' minerali, ciascuna apporta i suoi nocumenti particolari, ci converrà investigare con qualche esame la maniera con cui i corpi de' cava-miniere vengono infettati, e bisognerà descrivere i rimedi più approvati, e che più sono alla mano.
Pertanto delle miniere altre sono umide, nel fondo delle quali ne stagna l'acqua, altre secche, nelle quali talvolta fa d'uopo del fuoco per far in pezzi i macigni. Nelle miniere umide che hanno l'acqua stagnante, se n'infermano le gambe degli artefici, come pure per le grosse e velenose esalazioni, che da quelle traspirano, e tanto più quando le schegge de' sassi cadono dentro l'acqua, e muovono quel pantano, perduto il respiro, gli operai cadono a terra, e vengono fuora mezzo morti. Lo stesso fuoco ancora, che per altro n'è il domator de' veleni, qualor vi bisogna per intenerire le pietre, ne trae fuora dalla materia minerale esalazioni pestifere, e la mette in moto, per lo che i miseri cavatori trovano gli elementi tutti a sè stessi contrari.
Niuna peste però più mortifera conduce all'estrema rovina questa gente, quanto quella che scaturisce dalle miniere dell'argento vivo. Imperocchè i cavatori nelle miniere di questo metallo appena giungono all'anno terzo, come dice il Falloppio (in Tract. de metallis et fossilibus), e nel solo spazio di quattro mesi contraggono tremori di membra, divengono paralitici e vertiginosi, come attesta l'Etmullero (in sua mineralogia c. De mercurio), e ciò a motivo degli spiriti mercuriali a maggior segno nemici de' nervi. Negli atti filosofici della società d'Inghilterra (L. p. mens. apr., 1665) in una lettera trasmessa da Venezia alla società reale si trova, che in certe miniere di mercurio nel Friuli niun operaio vi può reggere a lavorare oltre sei ore; nel luogo stesso narrasi l'avvenimento di uno, il quale per mesi sei impiegato nelle medesime miniere di tal fatta maniera si era impregnato di mercurio, che se si poneva in bocca un pezzo di rame, o che lo maneggiasse co' diti, lo faceva bianco. Che i medesimi vengano assaliti dall'asma ci avvisa Lucca Tozzi (Part. 2 suae praxis c. de asthmate); sogliono altresì patire la perdita de' denti, ond'è, che que' che cuocono l'argento vivo, per non ricever in bocca il fumo, sono soliti voltar le spalle allo spirar del vento.
Una certa spezie di asma descrive l'Elmonzio (in tract. de asthmate ac tussi), che mette fra l'asma secca e umida, di cui dice venir assaliti i cava-miniere, gli sparti-oro, que' che fanno le monete, ed altri artefici di tal sorta a motivo del vapor metallico attratto insieme con l'aria, da cui i vasi polmonari vengono ostrutti. Dell'asma di monte ne fa menzione il Wedelio (in Pathologia medica dogmatica) dicendo, a questa tal infermità star sottoposti i cava-miniere, della qual spezie di asma dice, che lo Stockusio n'ha dato alle stampe un intero trattato, dove la cagione di tal male vien da esso attribuita al mercurio del saturno; stante che copioso mercurio trovasi nel saturno, e gli comunica la gravità. Come poi quest'asma di monte, mostro cotanto pestifero venga formato da cotesti fumi metallici, lo spiega il medesimo autore (c. 9) attesochè stima farsi questo per la riseccazione de' bronchi polmonari, come altresì per le fuliggini che ne costipano. Il Sennerto (l. de consensu et dissensu chymicorum) co'...