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I.
Sei fanciulle in cerca del lupo: The Path e il percorso fiabesco
Perché Cappuccetto Rosso deve lasciare il sentiero? E cosa ci insegna la sua storia dalle molteplici versioni sul viaggio per diventare donna?
Sono alcuni degli interrogativi alla base del videogioco The Path (2009), prodotto dai Tale of Tales, un team di sviluppo composto dal duo artistico Auriea Harvey e Michaël Samyn. Qui vedremo perché i Tale of Tales hanno lasciato un segno nella storia dei videogiochi e come il loro The Path proponga una riflessione sul fiabesco e sulla femminilità reimmaginando la storia di Cappuccetto Rosso.
I "non-giochi" dei Tale of Tales
Auriea Harvey e Michaël Samyn si sono rapidamente affermati, nel panorama videoludico indipendente, per il loro approccio radicalmente alternativo all'industria dei videogiochi. Un approccio che segue un modello "resistente" di sviluppo, nel senso che va volutamente controcorrente rispetto alle logiche commerciali del mercato. Nel loro "Realtime Art Manifesto"7 hanno sottolineato la necessità di produrre arte e bellezza attraverso i videogiochi, attraverso uno sguardo artistico al medium che viene spesso definito game art.8
Stando alle loro parole,9 ciò che realizzano non sono nemmeno dei videogiochi: sono dei "non-giochi". Un modo per sottolineare, fin dalla scelta delle parole, la loro distanza dalle logiche dell'industria. Un esempio concreto vale più di molte parole, per cui è utile spiegare questa loro visione attraverso The Graveyard (2008), che hanno pubblicato un anno prima di The Path. In The Graveyard si gioca nei panni di un'anziana signora che cammina attraverso un cimitero con passo lento e claudicante. Una volta terminata la passeggiata, si siede su una panchina, dove riposa per un momento, prima di rifare lo stesso percorso in direzione opposta. Questo è tutto ciò che avviene nella versione gratuita del gioco. La versione a pagamento è quasi del tutto identica, ma è possibile che la donna muoia mentre è seduta sulla panchina. The Graveyard va pertanto esplicitamente contro tutte le logiche dei videogiochi commerciali. È un'esperienza estremamente breve (dura una decina di minuti al massimo), non presenta chiari obiettivi, l'anziana si muove con estrema lentezza (al contrario dei tipici eroi videoludici, che vanno sempre di corsa) e anche l'idea dei contenuti aggiuntivi forniti a pagamento viene qui smontata (in fondo, offre soltanto l'eventualità di una morte silenziosa).
The Graveyard e le altre opere dei Tale of Tales rifuggono quindi dalle meccaniche (video)ludiche, per presentarsi come opere digitali d'intrattenimento, che riflettono su temi profondi come la libertà di azione nei videogiochi e il concetto di morte nel medium.10 Per farlo, ricorrono a una sorta di game design empatico:11 strutturano cioè le meccaniche di gioco con un'attenzione primaria sulla risposta emotiva di chi giocherà, senza preoccuparsi degli obiettivi da raggiungere.
Questi e altri prodotti dei Tale of Tales, sempre seguendo le loro dichiarazioni, oltre a essere dei "non-giochi" sarebbero anche stati pensati primariamente per un pubblico di "non-giocatori". Questo posizionamento radicale ha rappresentato un ostacolo, sia in termini di vendite che di ricezione da parte del pubblico. Chi si identifica come gamer, infatti, tende ad avere aspettative ben precise su quali debbano essere le caratteristiche di un "videogioco". Chi non apprezza i videogiochi, invece, tende a evitarli, anche quando potrebbero offrire delle esperienze inaspettate e significative. Ecco perché è spesso difficile proporre dei videogiochi ai "non-giocatori". Nonostante queste difficoltà, le opere dei Tale of Tales hanno ispirato un gran numero di altri team di sviluppo, che hanno reintegrato le idee "resistenti" del duo artistico in videogiochi più commerciali.
Un'interessante riflessione su quest'ultimo punto è quella del designer Adrian Chmielarz,12 uno dei creatori del videogioco narrativo The Vanishing of Ethan Carter (2014), ispirato ad autori come Algernon Blackwood e H. P. Lovecraft e focalizzato sul legame con i defunti. L'analisi di Chmielarz è incentrata su Sunset (2015),13 un altro videogioco dei Tale of Tales in cui si osserva un colpo di Stato in un Paese sudamericano assumendo il punto di vista di una domestica. Prima di focalizzarsi su Sunset, però, vengono fatte diverse considerazioni sugli altri videogiochi che lo hanno preceduto. Chmielarz ripercorre i numerosi debiti che molti sviluppatori indipendenti (e non solo) hanno riconosciuto nei confronti dei videogiochi dei Tale of Tales. The Graveyard, per esempio, ha ispirato una sequenza del popolare Uncharted 2: Il covo dei ladri (2009), uno dei videogiochi action che ha come protagonista il ladro e avventuriero Nathan Drake, sviluppato da Naughty Dog (gli stessi sviluppatori del forse ancor più popolare The Last of Us). Una produzione che è costata milioni e che è ben lontana da quel che viene etichettato come "indie videoludico". In particolare, la lentezza di The Graveyard ha fornito loro lo spunto per una sequenza in cui Nathan Drake cammina per un villaggio tibetano, con una tranquilla pacatezza in aperto contrasto con le altre parti del gioco, piene di esplosioni e sparatorie.
Parlando invece di The Path, lo stesso Chmielarz riconosce che, pur trovando molti aspetti del gioco poco funzionali secondo i canoni tradizionali, l'opera dei Tale of Tales ha esercitato su di lui un'influenza significativa durante lo sviluppo di The Vanishing of Ethan Carter. È stato colpito, in particolar modo, da come The Path propone di "abbandonare il sentiero", in una maniera che non è triviale o scontata:
Non è la metafora goffa di uscire dai sentieri battuti ad aver funzionato per me, qui. È l'idea che i giocatori debbano trovare da soli il proprio investimento emotivo nel gioco, senza che il gioco offra loro alcuna motivazione estrinseca. Il mondo di The Path era semplicemente lì, indifferente. E la sua esplorazione non è stata ricompensata con munizioni extra o punti di completamento. L'esplorazione era la ricompensa in sé e per sé.14
Ripensare Cappuccetto Rosso
Che cosa bisogna fare, quindi, in The Path?
Il gioco inizia nella stanza di una casa, dove si trovano sei ragazze diverse. Selezionando una di loro se ne assume il controllo e ci si sposta nei pressi di una stradina nel bosco. Appare un messaggio che dice di andare a casa della nonna rimanendo sul sentiero (Go to Grandmother's house and stay on the path). Facendo così, però, non accade nulla di significativo e si scopre di aver fallito. Occorre invece addentrarsi nel bosco, dove ciascuna fanciulla incontrerà il proprio personale "lupo", che può presentarsi sotto diverse forme. Solo andando a casa della nonna dopo questo incontro avviene un cambiamento, in cui si assiste a delle rapide sequenze in prima persona difficili da decodificare. Quando tutte le ragazze hanno incontrato il proprio lupo, una settima ragazza - vestita di bianco, a differenza delle altre - diviene giocabile. Quest'ultima non incontra alcun lupo, ma dirigendosi a casa della nonna ripercorre tutte le sequenze viste in precedenza dalle altre. Alla fine, dopo questo percorso, si vedono tutte le ragazze che fanno ritorno nella stanzetta iniziale.
Il post mortem di The Path fornisce informazioni preziose sul processo creativo che ha portato all'ideazione delle sei ragazze. Nel contesto videoludico, con post mortem si intende un documento, generalmente scritto dal team di sviluppo, che viene pubblicato dopo l'uscita del gioco. Serve a esporre l'intero percorso produttivo, analizzando ciò che ha funzionato e ciò che, invece, ha rappresentato un ostacolo. Nel post mortem di The Path si legge che:
A un certo punto avevamo l'idea che ci sarebbero state 144 Cappuccetto Rosso e che il giocatore avrebbe interpretato ciascuna di loro. Ogni volta la storia avrebbe portato alla morte. Siamo poi usciti da questa illusione e abbiamo ristretto il...
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