Schweitzer Fachinformationen
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Era sera. Una morbida luce cadeva sulle rocce di porfido che fanno da piedistallo al castello di Haselburg sopra Bolzano. Nel cielo si rincorrevano nuvole dai bordi rosati.
«Splendido, non è vero?», disse il cavaliere von Küepach, guardando dalla finestra della sala della musica insieme a sua moglie.
«Incantevole», rispose Sabine. «Questa calma e questa vista sulla Valle dell'Adige. Ricordi quante volte abbiamo pensato e ripensato se costruire il nostro castello quassù?» Il cavaliere cinse le spalle della moglie. «Sì, eravamo piuttosto indecisi. Ma ne è valsa la pena. Direi che abbiamo fatto un'ottima scelta.» Sabine stava per dire ancora a suo marito quant'era felice che i lavori fossero finalmente terminati, ma si fermò vedendo trasparire dell'inquietudine dietro la serenità mostrata dal marito. «Capisco, in cortile stanno aspettando gli scudieri», disse stringendosi a lui. Il cavaliere era in procinto di partire per un lungo viaggio ed era impegnato nei preparativi. Il papa aveva indetto le crociate in Terrasanta.
«Crociare, incrociare, croce su, croce giù, combattere per Gerusalemme in nome della Croce», cantilenò il cavaliere e baciò delicatamente i capelli della moglie.
Avrebbe preferito rimanere a casa. Cento volte, mille volte. Non era tipo da avventure e neppure un appassionato combattente. Al pari di Sabine amava la tranquillità e le cose belle.
In Terrasanta ci andava solamente per una questione di onore. Il cavaliere sospirò e strinse a sé Sabine, poi scese in cortile. Con l'aiuto degli scudieri preparò armi e bagagli, e procurò delle coperte.
L'indomani si sarebbero dovuti alzare presto, caricare i cavalli e incamminarsi verso la lontana Terrasanta. Ma prima doveva sbrigare ancora un affare importante. Una cosa di cui nessuno avrebbe dovuto essere al corrente.
Il cavaliere andò nella sala del tesoro, sistemò la maggior parte del suo patrimonio in sacche di cuoio e le portò a Bolzano in carrozza. La crociata sarebbe durata mesi, se non anni. Non osava neppure pensare all'eventualità che il castello potesse venire rapinato in sua assenza. Sabine si sarebbe trovata in pericolo e il denaro che era rimasto dopo la costruzione del castello sarebbe venuto a mancare.
Il cavaliere percorse gli stretti vicoli di Bolzano finché non si fermò di fronte alla bottega di un fabbro. Questi lo salutò cortesemente e prese in consegna le sacche. Nella bottega sciolse i lacci e versò le monete d'oro e d'argento in robusti vasi di terracotta che aveva già predisposto.
«Tra un po' le monetine suderanno», scherzò mentre le disponeva nella fucina preriscaldata per farle fondere.
«Che sudino pure», replicò il cavaliere soddisfatto per come stava procedendo il lavoro. Così, almeno, avrebbe potuto sonnecchiare un altro po'.
Quando le monete furono fuse, il fabbro versò il liquido luccicante in due globi di rame e li raffreddò con l'acqua.
«Ecco fatto», disse poi.
«Molto bene», disse il cavaliere, consegnò al fabbro la ricompensa e caricò i globi sulla carrozza.
Prima di tornare alla Haselburg pregò il fabbro di non rivelare a nessuno che cosa contenessero i globi.
«Muto come una tomba», promise questi. «Abbiate cura di voi in Terrasanta, cavaliere von Küepach. E non preoccupatevi: nei globi i vostri risparmi sono più che al sicuro.» Sollevato, il cavaliere tornò al castello e collocò i due globi uno a sinistra, l'altro a destra dell'arco d'ingresso. Poi andò a coricarsi e chiuse gli occhi soddisfatto. Bene! Questa era fatta. Neppure il ladro più smaliziato avrebbe immaginato che nei globi c'era un patrimonio. All'alba, il cavaliere si alzò, si preparò per il viaggio insieme ai suoi scudieri e portò Sabine a vedere i globi di rame. «Quando tornerò voglio che un giardiniere crei un bellissimo giardino», disse cercando di rendere il commiato meno doloroso per la moglie. «Ma fino a quel momento voglio che questi globi ti rechino un po' di gioia. Penso che siano un bell'ornamento.»
Sabine fu d'accordo e al pensiero del giardino cominciò a sognare: «Un laghetto con le ninfee, una fontana con zampilli e rose profumate... tante rose profumate. Bianche, gialle...».
«Sapevo che l'idea ti sarebbe piaciuta», si rallegrò il cavaliere ma non le rivelò il contenuto dei globi di rame. Poi Sabine lo abbracciò, gli fece ancora una carezza sulla guancia e gli raccomandò di essere prudente in quella terra lontana. Una crociata non era una passeggiata. Le battaglie, il pericolo di contagi... Lei amava molto suo marito e non lo voleva certo perdere.
Quando fu lontano, per Sabine cominciò l'attesa. Attendere notizie di suo marito, attendere informazioni sulla situazione in Terra-santa. Ecco come stavano le cose: gli uomini andavano in guerra, le donne rimanevano a casa provando un turbinio di emozioni diverse, in un perenne altalenarsi tra speranza e disperazione. Talvolta, Sabine si distraeva recandosi in carrozza a Bolzano o uscendo a cavallo. Altre volte nulla riusciva a svagarla. Le si affacciavano alla mente sempre le stesse domande: sarà successo qualcosa a mio marito? Lo avranno catturato? Tornerà mai il mio caro amato?
Un giorno al portone della Haselburg bussarono due frati per una questua. «La chiesa dei Domenicani di Bolzano ha bisogno di nuove campane», spiegarono. «Noi andiamo di casa in casa per raccogliere denaro.»
Sabine era una donna religiosa e si domandò cosa potesse donare ai frati. Di denaro ne aveva poco, ma aveva alcuni gioielli. I frati avrebbero potuto venderli e usare il ricavato per far fondere le campane.
Stava andando a prendere i gioielli quando pensò che il loro valore era in effetti piuttosto scarso. E pensò anche al cavaliere. Probabilmente stava combattendo per aver salva la vita. Forse il buon Dio l'avrebbe aiutato, se lei fosse stata generosa.
«Che ne pensate di questi?», domandò ai frati e indicò i globi posti a destra e sinistra dell'arcata d'ingresso. «Sono di rame. E le campane sono fatte per lo più di rame. Potreste prenderli e portarli direttamente alla fonderia.»
I frati si rallegrarono dell'offerta e ringraziarono. «Va bene», disse lei e andò a far preparare un carretto su cui trasportare i globi a Bolzano. Poi le settimane s'inanellarono l'una nell'altra, un mese diede il cambio a quello successivo. Un giorno giunse al castello un messaggero per portare la notizia che il cavaliere von Küepach stava tornando a casa. Incredibile! Non era né ferito né ammalato. È stato senz'altro merito della mia offerta, pensò Sabine. Il buon Dio mi ha ascoltato. Nel giro di una settimana, suo marito sarebbe ritornato a casa.
La settimana passò come se il tempo scorresse in dense gocce; finalmente si udirono dei cavalieri fermare i destrieri davanti al portone della Haselburg. Il cavaliere von Küepach scese stanco da cavallo.
«Benvenuto a casa», esclamò Sabine che aveva aperto il portone e stava andando incontro al marito con il viso raggiante.
Ma perché lui non la prendeva tra le braccia? Perché non la coccolava? Il suo sguardo era invece fisso sull'arcata e la sua voce aveva un'inflessione inaspettata. «Dove sono i globi di rame? Mio Dio, lì dentro c'è quasi tutto il nostro patrimonio!» Sabine non sapeva cosa pensare di quelle parole e domandò: «Il nostro denaro nei globi? Stai scherzando, non è vero?».
«Non è uno scherzo!», continuò il cavaliere afferrandola per le spalle e scuotendola. «Ho fatto fondere il nostro oro e il nostro argento nei globi per evitare che venisse rubato durante la mia assenza! E adesso voglio sapere immediatamente dov'è il nostro patrimonio!» Sabine cercò di liberarsi dalla presa del cavaliere, ma lui continuava a scuoterla come se in quel modo riuscisse a far uscire la risposta.
«I... globi... non ci sono più», balbettò atterrita. «Io... li ho regalati per le campane della chiesa dei Domenicani.»
Suo marito divenne rosso in viso e respirò affannosamente. «Tu hai fatto cosa?!», urlò e non sapeva cosa lo facesse adirare di più: il patrimonio perduto o il fatto che, in fondo, la colpa era sua.
Il cavaliere non si accorse neppure che la sua mano destra si stava chiudendo in un pugno. Non si accorse neppure di averlo alzato su Sabine. «Non ci rimane più nulla!», urlò. «Capisci? Nulla!»
In quel momento cominciarono a suonare le campane nel campanile della chiesa dei Domenicani. Il loro suono era tanto nitido e definito che il cavaliere abbassò il pugno e lasciò andare sua moglie come se si fosse improvvisamente destato da un brutto sogno.
«Ti stavo colpendo, Sabine!», si rese improvvisamente conto e fissò le sue mani come se fossero delle armi pericolose. «Proprio tu che sei la cosa più preziosa che ho!»
Poi gli crollò...
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