Kizuki: il più antico santuario del Giappone *
Shinkoku è il nome sacro del Giappone - Shinkoku, "Il Paese degli Dèi"; e di tutto lo Shinkoku il suolo più sacro è la terra di Izumo. Qui, dall'azzurra Pianura dell'Alto Cielo, per primi giunsero, stabilendovi per qualche tempo la loro dimora, i Creatori della Terra, Izanagi e Izanami, i progenitori degli dèi e degli uomini; da qualche parte sul confine di questa terra fu sepolta Izanami; e Izanagi la seguì nell'oscuro regno della morte, e tentò invano di riportarla indietro. Il racconto della sua discesa in quello strano mondo inferiore, e di quanto gli accadde, non è forse scritto nel Kojiki?1 E di tutte le leggende primordiali concernenti l'Oltretomba, questa storia è una delle più insolite - ancor più della leggenda assira della Discesa di Ishtar.
Se Izumo è la provincia degli dèi e il luogo dell'infanzia del popolo da cui Izanagi e Izanami sono ancora venerati, Kizuki di Izumo è segnatamente la città degli dèi, e il suo immemorabile tempio la prima dimora dell'antica fede, la grande religione dello shinto.
Visitare Kizuki è stata la mia più fervida ambizione da quando ho appreso le leggende del Kojiki sul suo conto; e tale ambizione è stata stimolata dalla scoperta che pochissimi europei avevano visitato Kizuki, e che nessuno era stato ammesso all'interno del grande tempio stesso. Ad alcuni, anzi, non fu nemmeno permesso di avvicinarsi al cortile del tempio. Ma io confido che sarò un po' più fortunato, poiché ho una lettera di presentazione da parte del mio caro amico Nishida Sentaro,2 che è anche un amico intimo del sommo pontefice di Kizuki. Così ho la certezza che, anche qualora non mi fosse concesso di entrare nel tempio - un privilegio accordato a pochi tra gli stessi giapponesi -, avrò almeno l'onore di un colloquio con il Guji, ovvero il Governatore Spirituale di Kizuki, Senge Takanori, la cui famiglia principesca fa risalire la propria discendenza alla Dea del Sole.3
I
Lascio Matsue per Kizuki nel primo pomeriggio di una bella giornata di settembre, imbarcandomi su un minuscolo battello a vapore in cui tutto, dai motori ai tendoni, è lillipuziano. Nella cabina bisogna inginocchiarsi. Sotto i tendoni è impossibile stare in piedi. Ma l'imbarcazione in miniatura è curata e graziosa come un giocattolo, e si muove con sorprendente rapidità e stabilità. Un bellissimo ragazzo nudo è indaffarato a servire tazze di tè e dolci ai passeggeri e a sistemare fornelletti a carbone davanti a chi desidera fumare: da ciascuno di essi si aspetta il pagamento di circa tre quarti di centesimo.
Fuggo dai tendoni per salire sul tetto della cabina ad ammirare il panorama; e la vista è indescrivibilmente piacevole. Sopra la lucente superficie del lago ci stiamo dirigendo verso un lontano ammasso di bellissime forme, di quel blu stranamente delicato che tinge tutte le distanze nell'atmosfera giapponese - forme di picchi e promontori che si stagliano dal bordo del lago contro un orizzonte bianco porcellana. Tuttavia non mostrano alcun dettaglio. Sono soltanto profili, masse di colore assolutamente puro. A sinistra e a destra superbe creste verdi di colline boscose incorniciano il lago Shinji. Il grande Yakunosan è il monte più alto di fronte a noi, a nord-ovest. A sud-est, alle nostre spalle, la città è svanita, ma al di là di essa torreggia fiero il Daisen - enorme, di un bianco e di un blu spettrali, innalzando le cuspidi del suo cratere estinto nella regione delle nevi perenni. Su tutto si inarca un cielo di un colore vago come un sogno.
Per tutta la luminosa giornata sembra esserci nell'atmosfera stessa un senso di magia divina, aleggiante sopra la terra vaporosa, sopra il pallido blu delle acque - un senso di shinto. Con la mia immaginazione satura delle leggende del Kojiki, il canto ritmico dei motori giunge alla mie orecchie come il ritmo di un rituale shinto mescolato ai nomi degli dèi:
Kotoshironushi no Kami,
Okuninushi no Kami.
II
La grande catena sulla destra si erge più maestosa man mano che avanziamo; e le sue colline, che lentamente si fanno sempre più prossime, cominciano a svelare tutti i vividi dettagli del loro fogliame. Ed ecco! sulla vetta di un imponente picco rivestito di boschi si staglia contro il cielo limpido il tetto a più spioventi di un grande tempio buddhista. È il tempio Ichibata, sul monte Ichibatayama, il tempio di Yakushi Nyorai, il Medico delle Anime. Ma a Ichibata egli si manifesta, più nello specifico, come il guaritore dei corpi, il Buddha che dona la vista ai ciechi. Si crede che chiunque abbia una malattia agli occhi sarà guarito pregando con fervore al grande santuario; e là, da molte province lontane, migliaia di afflitti vanno in pellegrinaggio, salendo il lungo ed estenuante sentiero di montagna e i seicentocinquanta gradini di pietra che conducono al ventoso cortile del tempio sulla cima, da cui si può ammirare uno dei più incantevoli panorami del Giappone. Là i pellegrini lavano i loro occhi con l'acqua della fonte sacra, si inginocchiano davanti al santuario e mormorano la formula santa di Ichibata: "On koro koro sendari matogi sowaka" - parole il cui significato è stato da tempo dimenticato, così come quello di molte invocazioni buddhiste; parole sanscrite traslitterate in cinese e poi in giapponese, comprese solo dai preti istruiti, eppure conosciute a memoria in tutto il Paese e pronunciate con estremo fervore e devozione.
Scendo dal tetto della cabina e mi accovaccio sul ponte, sotto i tendoni, per fumare con Akira. E domando: «Quanti sono i Buddha, Akira? Il numero degli Illuminati è noto?».
«Innumerevoli sono i Buddha,» risponde Akira «eppure in realtà c'è un unico Buddha; i molti non sono che forme. Ciascuno di noi contiene un futuro Buddha. Siamo tutti simili tranne per il fatto di essere più o meno ignari della verità. Ma il volgo non può capire queste cose, e così cerca rifugio nei simboli e nelle forme.»
«E i Kami, le divinità dello shinto?»
«Dello shinto so poco. Ma ci sono ottocento miriadi di Kami nella Pianura dell'Alto Cielo - così dice l'Antico Libro. Di questi, tremilacentotrentadue dimorano nelle varie province del Paese; custoditi in duemilaottocentosessantuno templi. E il decimo mese del nostro anno è detto il "mese senza dèi", perché in questo mese tutte le divinità abbandonano i loro templi per riunirsi nella provincia di Izumo, presso il grande tempio di Kizuki; e per la medesima ragione questo mese è chiamato a Izumo, e solo a Izumo, il "mese con gli dèi". Ma le persone colte talvolta lo chiamano la "Festa del Dio presente", usando parole cinesi. Allora si crede che i serpenti giungano dal mare sulla terraferma e si attorciglino sul sanbo, il tavolo degli dèi, poiché i serpenti ne annunciano la venuta; e il Re Drago invia messaggeri ai templi di Izanagi e Izanami, i progenitori degli dèi e degli uomini.»
«O Akira, ci devono essere milioni di Kami di cui non saprò mai nulla, perché c'è un limite al potere della memoria; ma dimmi qualcosa degli dèi i cui nomi vengono pronunciati più di rado, le divinità di strani posti e di strane cose, gli dèi più straordinari.»
«Su di essi non puoi apprendere molto da me» replica Akira. «Dovrai chiedere a qualcuno più edotto. Ma ci sono dèi che è preferibile non conoscere, come il Dio della Povertà, il Dio della Fame, il Dio dell'Indigenza e il Dio degli Impedimenti e degli Ostacoli. Questi sono di colore scuro, come le nubi di una giornata uggiosa, e le loro facce sono come quelle dei gaki.»4
«O Akira, con il Dio degli Impedimenti e degli Ostacoli ho avuto una conoscenza tutt'altro che fugace. Parlami degli altri.»
«Di alcuni di loro so poco,» risponde Akira «tranne di Binbogami. Si dice che ci siano due dèi che si accompagnano sempre: Fuku no Kami, il Dio della Fortuna, e Binbogami, il Dio della Povertà. Il primo è bianco, il secondo è nero.»
«Perché quest'ultimo» mi azzardo a interrompere «è solo l'ombra del primo. Fuku no Kami è Colui che proietta l'ombra, mentre Binbogami è l'Ombra; e ho osservato, vagando per questo mondo, che dovunque vada l'uno, l'altro lo segue costantemente.»
Akira non approva questa interpretazione, e riprende: «Quando Binbogami inizia a seguire qualcuno è estremamente difficile liberarsene. Nel villaggio di Umitsu, nella provincia di Omi, non lontano da Kyoto, viveva un tempo un prete buddhista che per molti anni fu pesantemente tormentato da Binbogami. Più volte tentò senza successo di scacciarlo; allora si sforzò di ingannarlo annunciando ad alta voce a tutti che stava andando a Kyoto. Ma invece di andare a Kyoto si recò a Tsuruga, nella provincia di Echizen; e quando raggiunse la locanda a Tsuruga gli uscì incontro un ragazzo magro e pallido come un gaki. Il ragazzo gli disse: "Ti stavo aspettando" - il ragazzo era Binbogami.
«C'era un altro prete che per sessant'anni aveva cercato invano di sbarazzarsi di Binbogami, e che alla fine si risolse di andare in una provincia lontana. Dopo aver preso quella decisione, la notte fece uno strano sogno in cui vide un ragazzo molto emaciato, nudo e sporco, che intrecciava sandali di paglia (waraji), come quelli che indossano i pellegrini e i tiratori di jinrikisha; e ne...