Schweitzer Fachinformationen
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Se in una zona umida il caldo dura tutto l'anno, eliminando il rischio di gelare la linfa, è invece molto probabile che le latifoglie resistano più delle conifere. Ai tropici infatti sono molto più diffuse.
Se vi state chiedendo perché non tutti gli alberi abbiano i vasi resistenti al disgelo di cui sono dotate le conifere, le risposte, come spesso capita quando si parla di evoluzione, hanno a che fare con l'efficienza e la sopravvivenza. Le latifoglie hanno un sistema più efficiente, perciò se riescono a sopravvivere se la cavano molto bene. Ma devono mettercela tutta. Le conifere sono dei fuoristrada robusti ma inefficienti; le latifoglie sono semplici automobili moderne, molto più efficienti ma che si sfasciano sui terreni accidentati.
Ci sono due interessanti eccezioni alla regola dei vasi che gelano. La betulla e l'acero sono latifoglie che per affrontare i problemi creati dal gelo della linfa hanno escogitato un metodo ingegnoso: creano una pressione positiva negli stretti vasi pompando la linfa verso l'alto. In questo modo eliminano le eventuali bolle causate dal congelamento, liberando i tubi in primavera. Per questo riescono a sopravvivere molto più a nord di quanto ci si aspetti. Nelle foreste boreali della Russia, per esempio, oltre alle numerose conifere ci sono vaste zone di betulle. Grazie alla pressione positiva la linfa di questi due alberi sgorga da ogni taglio nella corteccia, facilitandone la raccolta e fornendoci lo sciroppo di betulla e di acero.
Quando notiamo che le latifoglie cedono il posto alle conifere, possiamo dedurre che l'ambiente è diventato più ostile, e chiederci come e perché. Verosimilmente la risposta si può cercare nella temperatura, nel suolo, nell'acqua o in una combinazione di fattori, che sono parte della mappa fornita dagli alberi.
Notare questi cambiamenti svela anche i meccanismi psicologici della percezione. Se chiedete a qualcuno di descrivervi il paesaggio che ha davanti, è possibile che usi la parola «alberi» senza aver fatto caso a come il bosco cambia; se però alla stessa persona chiedete se in quello stesso paesaggio ci siano alberi diversi, all'improvviso il passaggio dalle latifoglie alle conifere le diventa evidente. Abbiamo un controllo straordinario su ciò che notiamo, ma è sempre una scelta: nessuno ci fa queste domande.
Nel bosco
Durante la mia breve esplorazione in Spagna mi avventurai in un bosco. Non fu un'impresa facile. I primi dieci minuti avanzai lentamente, facendomi strada tra cespugli spinosi che pur arrivandomi solo alla vita erano decisi a ostacolarmi. Poi incontrai dei biancospini alti come me e di seguito alcuni alberi che non conoscevo - forse bagolari - un po' più alti, seguiti da lecci il doppio di me. Infine raggiunsi una zona di pini giganteschi.
Ogni volta che mettiamo piede in un bosco possiamo aspettarci che si sviluppi secondo uno schema ricorrente. Gli alberi diventano più alti via via che ci si addentra, perché quelli ai margini, maggiormente esposti, subiscono il violento impatto dei venti e crescono di meno. Spesso, quindi, gli alberi più alti si trovano al centro, anche se lo schema può variare in base a diversi fattori ecologici.
E cambiano anche le specie. Gli alberi che vivono nel cuore dei boschi sono diversi da quelli lungo i margini. La maggior parte segue una strategia: lepre o tartaruga. Le lepri sono le specie dette «pioniere»: producono milioni di semi minuscoli, spesso trasportati dal vento, che finiscono in ogni spazio spoglio, dove attecchiscono e crescono in fretta. Ma il prezzo di questa rapidità è che non investono in tronchi grandi e robusti, perciò non diventano molto alti. Betulle, salici, ontani e tanti pioppi sono ottimi esempi di specie pioniere.
Le tartarughe, invece, dette specie «climax», adottano un approccio diverso. Di solito producono semi molto più grandi e puntano su lentezza e costanza, perché sanno che alla lunga vinceranno. Le querce ne sono un esempio. Se camminate in un bosco maturo, con alberi dalle alte chiome, potete aspettarvi di passare tra gli alberi pionieri, ai margini, per poi raggiungere gli alberi climax al centro.
In genere i primi sono più chiari e fanno meno ombra. Pensate alle betulle e alle querce. Le betulle hanno la corteccia chiara, e lasciano penetrare più luce rispetto alle querce (per proteggersi), cosa che accentua l'oscurità via via che ci si addentra nel bosco: la luce diminuisce un po' tra le specie pioniere ai margini, mentre si abbassa drasticamente nel punto in cui si incontrano quelle climax.
Le radure con tante specie pioniere sono paesaggi in transizione: le generazioni future vi troveranno i tronchi più grandi e l'ombra più fitta degli alberi climax. Sono le tartarughe a vincere.
Chiavi di lettura
È arrivato il momento di concentrarci sugli indizi forniti dalle famiglie di alberi. Ecco i principali elementi da cercare.
Terreno bagnato
Con le radici immerse nell'acqua la maggior parte delle specie soffre, perché sono impediti gli scambi gassosi, ma queste famiglie nel terreno bagnato stanno bene: ontani, salici e pioppi.
Il naturalista Ajay Tegala fa la guardia forestale nella riserva di Wicken Fen, nel Cambridgeshire, una delle più importanti paludi d'Europa, con le sue oltre novemila specie di piante e animali. Ajay mi racconta dell'«albero più alto del Wicken Fen», che non è un complimento, visto che le torbiere sono habitat privi di grandi alberi. Riesce a vedere quell'unico pioppo spavaldo da ogni punto della riserva, lo conosce molto bene: mentre ne parla sento l'emozione nella sua voce.
Terreno asciutto
Come abbiamo visto, le conifere sopportano la siccità meglio delle latifoglie: aceri, biancospini, faggi, tassi, agrifogli ed eucalipti meglio delle altre.
Siccome dove abito il terreno è asciutto e calcareo, mi sono divertito con una piccola sfida: sono partito da casa in cerca del percorso più breve che mi conducesse al maggior numero di alberi di queste specie. Ne ho tracciato uno che mi ha portato in meno di dieci minuti da un tasso a diversi faggi, un biancospino, qualche cespuglio di agrifoglio e un acero campestre. Per raggiungere un eucalipto avrei dovuto camminare ore, per poi trovarlo in un giardino (gli eucalipti sono originari dell'Australia) ma cinque su sei in dieci minuti non è male. La stessa sfida sul terreno umido, argilloso o di granito sarebbe stata un'impresa lunga, ardua e forse vana. Ho chiesto ad Ajay Tegala come sarebbe stato nella torbiera di Wicken Fen.
«Difficilissimo! Nella riserva non ci sono tassi e credo neanche faggi. Gli agrifogli sono pochissimi. Con una camminata incredibilmente lunga si vedrebbero giusto dei biancospini e qualche acero!»
Gli estremi
Stranamente, la betulla argentata cresce sia nei terreni bagnati che in quelli moderatamente asciutti. È un albero che ha tutto il mio rispetto: sarebbe l'ultimo a lamentarsi in un campeggio freddo e piovoso.
Molta luce
La maggior parte degli alberi preferisce la luce solare diretta, tanta o poca che sia. In genere le conifere vogliono molta luce mentre le latifoglie gradiscono un po' d'ombra. All'interno di ogni gruppo, però, ci sono delle gerarchie. I pini apprezzano più luce degli abeti, che la amano più dei pecci (o abeti rossi), che ne hanno più bisogno delle tsughe (o abeti canadesi).
Le famiglie che crescono bene in ambienti luminosi e assolati sono: pioppi, betulle, salici e la maggior parte delle conifere, ma soprattutto pini e larici.
Molti alberi che amano la luce stanno bene negli spazi aperti: è normale che si vedano da lontano pini, pioppi, betulle e salici. Quando crescono nei boschi, invece, preferiscono il lato a sud, più soleggiato, dove è frequente vedere filari di pini.
Tolleranza per l'ombra
Gli alberi che crescono all'ombra sono tartarughe e la tolleranza è un aspetto importante della loro strategia. Un albero che tollera l'ombra, infatti, può crescere lentamente sotto quelli che amano la luce, per poi superarli e fare ombra ai rivali, e siccome questi ultimi non resistono all'ombra, la partita è vinta. Gli alberi che tollerano meglio l'ombra sono: faggio, tasso, agrifoglio e tsuga.
I tassi non si prendono la briga di superare la volta verde. Si limitano a infischiarsene e vivono all'ombra. Tanto di cappello.
Gli alberi che tollerano l'ombra prosperano in compagnia di quelli che la fanno.
Esposizione
Ogni albero ha una propria sensibilità alle diverse temperature.
Più si sale più la temperatura media si abbassa e la velocità media dei venti aumenta. Come già accennato, se dai piedi di un monte guardiamo in alto, notiamo che le latifoglie cedono il posto alle conifere e, via via che l'altitudine aumenta, tutte le specie sono più basse. Definisco queste due tendenze «altimetro arboreo».
A una certa altitudine persino le conifere hanno vita dura, quindi i selvicoltori smettono di piantare alberi a fini commerciali perché il rendimento è troppo scarso. A quel punto s'interrompono le file ordinate, e le conifere che sopravvivono anche oltre sono più basse e sparpagliate: tra gli alberi si cominciano a vedere spazi vuoti.
Essendo esposte al vento, anche le conifere che hanno battuto le cugine latifoglie sui versanti montuosi appaiono provate. Gli alberi rachitici e deformi che si aggrappano alla vita in questi luoghi freddi e alti sono detti Krummholz,...
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