Capitolo 1
INTRODUZIONE ALLE "DOMANDE"
La definizione della Treccani descrive la domanda come "l'azione di domandare, e più precisamente consiste nelle parole con cui si esprime il desiderio o la necessità di sapere qualcosa. Quando se ne parla in ambito scolastico la domanda è spesso una interrogazione su una materia di studio. Si chiama poi domanda anche l'espressione orale o scritta di un desiderio, un'esigenza, una necessità".
Una domanda è qualsiasi espressione comunicazionale anche non verbale, come potrebbe essere un verso del tipo "Hmm", che invita a una risposta. Ovviamente la maggior parte delle domande ha una natura verbale, pur se spesso accompagnata da altre espressioni non verbali. La domanda nasce certamente da un bisogno di ricerca di conoscenza e di senso, che l'essere umano ha sviluppato per riuscire a comprendere, e dunque controllare, la realtà; l'essere umano è mosso inizialmente dal puro spirito di sopravvivenza e successivamente da curiosità e interesse a dare un'organizzazione alla percezione di un mondo circostante estremamente ricco e imprevedibile, con un semplice fine: dare efficacia alla sua attività realizzativa. L'intelligenza umana si è sviluppata anche su piani più filosofici e spirituali, che hanno spinto l'esplorazione oltre i confini della percezione dei sensi e hanno diretto l'attenzione non più solo verso l'esterno e l'invisibile o il non visto, ma anche verso l'interno, il sé e il trascendente.
Secondo Olivier Serrat, "la ricerca di informazioni è un'attività umana vitale per l'apprendimento, la risoluzione dei problemi e il processo decisionale. Le domande sono uno strumento vitale del pensiero umano e dell'interazione sociale con cui aprire le porte a dati, informazioni, conoscenza e saggezza. Le domande svolgono una serie di funzioni, a seconda del contesto dell'interazione. Pertanto, l'arte e la scienza dell'interrogazione stanno nel sapere quale domanda porre e quando"1. Una domanda, conclude Serrat, è valida quanto la risposta che evoca, per cui le domande contribuiscono al successo o al fallimento in svariati contesti.
Sono infinite le domande a cui nei secoli l'umanità ha dato risposta e sono altrettanto numerose quelle che continua a porre senza riuscire, per il momento, a trovare una risposta valida in assoluto: alle domande che gli esseri umani si sono posti finora dobbiamo lo sviluppo della conoscenza e tutto ciò che ne è derivato nei secoli in termini di creazioni, di invenzioni e di idee. Come scrisse Oscar Wilde (1854-1900) ne Il critico come artista (1890), "Se hai trovato una risposta a tutte le tue domande, vuol dire che le domande che ti sei posto non erano giuste".
È facile comprendere come si sviluppa la curiosità osservando i bambini e i loro processi di elaborazione dell'investigazione e nelle attività di conoscenza del mondo e di utilizzo delle domande che fanno quando cominciano a conoscere il mondo e a costruirne nel tempo una rappresentazione interna. Jean Piaget (1896-1980), psicologo e filosofo svizzero noto soprattutto per il suo lavoro nel campo dello sviluppo infantile, attribuiva alle domande un ruolo cruciale nello sviluppo della comprensione del mondo da parte di una persona. Egli credeva che i bambini costruissero la loro idea del mondo attraverso un impegno attivo nel loro ambiente e attraverso un processo di adattamento e assimilazione, in cui lo sviluppo cognitivo avveniva per fasi progressive, ognuna caratterizzata da un diverso modo di pensare ed elaborare le informazioni.
Secondo Piaget, le domande sono uno strumento chiave in questo processo di sviluppo cognitivo: facendo domande i bambini possono testare la loro comprensione del mondo e sfidare i loro schemi e credenze esistenti, facilitandone così la creazione di nuovi. Questi ultimi modelleranno il modo in cui percepiscono e pensano il mondo, in un ciclo di continuo apprendimento. Inoltre, riteneva che la capacità dei bambini di porre domande fosse un indicatore del loro sviluppo cognitivo, sostenendo che le domande dei bambini diventano più complesse e astratte a mano a mano che si sviluppano e che la loro capacità di porre domande è una parte importante della loro crescita. In sintesi, Piaget vedeva le domande come una parte essenziale dello sviluppo cognitivo dell'essere umano e riteneva che svolgessero un ruolo cruciale nel plasmarne la comprensione del mondo esterno e interno.
Come nella maggior parte delle attività umane, un fattore scatenante fondamentale è la relazione: quella con noi stessi e ciò che si percepisce e ciò che invece non si percepisce nel momento, ma di cui si conosce o ipotizza l'esistenza. Lo è anche la relazione con l'altro, con cui si stabilisce una comunicazione che condurrà a conoscenza e a condivisione, sia che l'altro sia un umano o, più in generale un essere vivente, sia che si tratti, come accadrà sempre più in futuro, di un'intelligenza artificiale.
Ogni volta che si trova davanti a una nuova informazione la mente ricerca corrispondenze con ciò che ha già acquisito e promuove interrogativi pratici o filosofici, che hanno il compito di agevolare l'organizzazione di significati nelle loro relazioni logiche con ciò che si è già appreso o ciò che si cerca di conoscere e acquisire. La domanda ha il potere di smuovere e generare relazioni, di orientare la direzione dell'esplorazione, di condizionare la qualità e la rilevanza delle associazioni e delle condivisioni, di recuperare informazioni archiviate in angoli remoti della memoria rendendole di nuovo disponibili all'elaborazione. La domanda prende per mano la mente e l'accompagna attraverso l'intricata e complessa rete di significati e rappresentazioni interne, che nascono dall'ardua impresa di descrivere la complessità dell'esperienza. È una danza tra il bisogno di semplificazione e quello di accuratezza che ne modifica continuamente la forma e le potenzialità.
Zig Ziglair (1926-2012) invitava a riflettere sul fatto che "non è quello che ti succede che determina gran parte del tuo futuro. Quello che accade, capita a tutti noi. Ciò che conta è come reagisci a ciò che accade" e, aggiungo io, "alle domande che ti fai". Come è noto, il primo pensatore che approfondì in modo significativo l'importanza e il valore delle domande per raggiungere la conoscenza fu Socrate (470/469-399 a.C.), il cui metodo è ancora oggi adottato nei sistemi educativi in tutto il mondo. È lunga la lista dei filosofi che hanno dedicato la loro attenzione alle domande, al loro ruolo fondamentale nella comprensione della natura della realtà, nella scoperta dell'inconscio e nella promozione dello sviluppo cognitivo e dell'apprendimento. A ognuno di loro dobbiamo riconoscere un contributo significativo che ci ha portati a dare un ruolo e una funzione specifica alle domande e alla loro utilità nel processo di conoscenza che caratterizza l'esperienza umana e ne anima ogni espressione.
Socrate era convinto che le domande fossero lo strumento principe per acquisire conoscenza e, attraverso la sua pratica maieutica, le utilizzava per far emergere la verità dall'interlocutore. Dal suo punto di vista, perfino la consapevolezza della propria "non conoscenza" era una forma di sapere. Anzi era il sapere fondamentale, in un certo senso il primo, poiché rappresentava il presupposto imprescindibile per costruire un pensiero critico, in grado di autoanalizzare i criteri di verità e di falsità delle proprie presunzioni per arrivare alla formulazione di un pensiero proprio e capace di contattare la verità attraverso un processo logico.
"Non posso insegnare niente a nessuno. Posso solo farli riflettere."
Socrate
Anche Cartesio (René Descartes, 1596-1650) credeva che la pratica del dubbio sistematico condotto attraverso le domande fosse uno strumento cruciale per comprendere il mondo e raggiungere la conoscenza. Nella sua famosa opera Meditazioni sulla prima filosofia (1641), scrisse che si sarebbe dedicato "sinceramente e senza riserve alla demolizione generale delle proprie [mie] opinioni". Sosteneva che mettere costantemente in discussione le proprie convinzioni e idee permettesse di arrivare a un fondamento certo e indubitabile per la conoscenza: un metodo che mirava a distinguere la verità dalle false credenze per giungere a una conoscenza che non poteva essere messa in dubbio.
Nel secolo scorso, l'ingegnere, filosofo e matematico polacco Alfred Korzybski (1879-1950) sviluppò le sue teorie sulla conoscenza umana, affermando che gli esseri umani rimangono limitati nelle loro conoscenze per il fatto che interagiscono con il mondo attraverso il filtro del sistema nervoso e del linguaggio, invece che direttamente. Le percezioni e i codici linguistici ci inducono a rappresentare la realtà in modo distante dall'esperienza sensorialmente basata in cui siamo immersi, per cui finiamo per sperimentare il mondo attraverso astrazioni: si tratta di processi attraverso i quali estraiamo elementi essenziali di un evento, un oggetto o un'esperienza e li rappresentiamo in una forma semplificata o generalizzata, utilizzando parole e simboli e organizzando attraverso l'uso del linguaggio concetti che possono creare gradi significativi di distorsione nella percezione della realtà, portando a confusione, malintesi e giudizi errati. Il monito di Korzybski riguarda l'importanza di essere consapevoli della natura simbolica e astratta del linguaggio, nonché quella di esaminare il modo in cui le nostre astrazioni possono influenzare e limitare le...