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Nel 1991, mentre andavo da Giacarta a Bandung e Jogjakarta, volevo assolutamente visitare i giardini di Buitenzorg. Era il mio secondo viaggio in Indonesia: nel precedente, nel 1979, avevo trascorso quattro settimane a Bali e tre a Celebes; ora mi trovavo a Giava per alcune conferenze, «in viaggio d'affari», come si diceva ai tempi dei miei genitori.
Scrivo «Celebes» perché ho sempre sentito dire così a casa, ma ovviamente si dovrebbe dire Sulawesi, come venne chiamata l'isola dopo l'indipendenza. Alcuni nomi però hanno un suono antico e familiare che non dovrebbero mai perdere, altrimenti si taglia via qualcosa del proprio passato.
Con un minibus sono arrivato a Bogor in tre ore. Il cambio di scenario è stato ancora più estremo che ai tempi dei miei genitori: da una Giacarta perennemente congestionata dal traffico, strombazzante di clacson, urlante, brulicante, con i suoi dieci milioni di abitanti che inspirano ed espirano i gas di scarico di tre milioni di automobili, sono arrivato in una città di provincia di appena un milione di abitanti il cui polmone verde, l'orto botanico, era il preludio alle estese piantagioni di tè a sud della città. In realtà anche Bogor è caotica, con duecentocinquantamila motorini che sembrano tutti truccati, come quelli dei nostri sedici anni, con le marmitte trapanate. Quando sono entrato nei giardini ci è voluto un po' perché mi si spegnesse nei timpani il frastuono, lasciando posto allo stormire del vento tra le palme alte.
Il verde è la salvezza di ogni città. Pare che gli alberi abbiano un effetto calmante sui cittadini e plachino l'aggressività più violenta. Il Kebun Raya ospita quattordicimila piante e alberi tropicali, dai giganti della foresta alle tenere palme a coda di pesce, un nome così suggestivo che ti viene voglia di toccarne le foglie. Vi si trovano praticamente tutte le specie della famiglia delle palme, poco meno di quattromila. L'orto botanico è attraversato da lunghi e ampi viali costeggiati da alti canari, il luogo ideale dove i giovani possono amoreggiare per interminabili passeggiate sotto le fronde verdi e gialle. Famiglie intere facevano picnic sui prati, nonostante il divieto. Di tanto in tanto qualcuno mi faceva un cenno e mi offriva del cibo. Non sapevo come rispondere: provavo una timidezza che mi era nuova e, forse, perfino un leggero pudore cui non riuscivo a dare una spiegazione plausibile.
Sullo sfondo, nella penombra, si stagliava costantemente l'ex residenza ufficiale del generale governatore. Dall'aspetto dell'edificio si poteva capire che cosa avessero in mente gli architetti di Delft quando si erano messi al lavoro ai tropici: una costruzione dalle forme eleganti e snelle, ben studiata in ogni dettaglio, non troppo sontuosa ma nemmeno troppo modesta, incline al gusto classico.
Gli architetti coloniali ebbero l'opportunità di progettare la residenza per due volte. Buitenzorg fu fondata nel 1745 sulle pendici del vulcano spento Salak, ma la costruzione originaria, concepita per soggiorni fuori città, non riuscì a resistere al terremoto del 1834. Il nuovo palazzo fu completato nel 1856. La facciata con il suo colonnato fa pensare a un teatro, i muri sono bianchi e i tetti rossi per via delle tegole olandesi. Sukarno, primo presidente dell'Indonesia, non ebbe nulla da ridire su quel baluardo d'epoca coloniale, e subito dopo il trasferimento della sovranità lo destinò a residenza presidenziale estiva, una delle poche decisioni che i suoi successori non misero in discussione.
L'orto botanico è più antico del palazzo; fu fondato nel 1817 da Kaspar Georg Karl Reinwardt, un prussiano che all'età di quattordici anni giunse ad Amsterdam per studiare presso l'illustre Ateneo di chimica e di botanica, precursore dell'università di Amsterdam, che godeva di fama internazionale. Nel 1815, quando i francesi lasciarono l'Indonesia e L'Aia cominciò di nuovo a fare sul serio con le colonie, Reinwardt venne inviato a Giava come direttore dell'agricoltura, della scienza e dell'arte, che a quell'epoca erano raggruppate in un unico ambito. Reinwardt fondò l'orto botanico con l'intento di creare un luogo «per soddisfare la sete di conoscenza». In breve tempo riuscì a raccogliere novecento specie di piante, anche grazie alle spedizioni che da Buitenzorg intraprese per l'isola di Timor, le Molucche e Celebes.
Fu un tedesco anche il suo successore: fino a buona parte del XIX secolo i Paesi Bassi rimasero un paese di immigrati. Aveva un nome adatto a un botanico: si chiamava Blume, «fiore» in tedesco. Era originario di Braunschweig, nella Bassa Sassonia, e aveva studiato all'università di Leida. Carl Ludwig Blume andava pazzo per le orchidee e gettò le basi per la vasta collezione che ancora oggi si può visitare nelle serre del Kebun Raya Bogor, che comprende tremila specie. Fu sempre lui a scoprire la Rafflesia arnoldii nelle foreste pluviali del Borneo e a portarla nell'Orto Botanico Nazionale: il fiore più grande del mondo, con un diametro che arriva a tre metri e un peso dai dieci ai quindici chili. Durante la fioritura, la rafflesia emana un orribile tanfo di carne in decomposizione e attira sciami di mosche carnarie. Fortunatamente fiorisce soltanto una volta ogni tre anni, ma già molto prima di schiudersi i fiori puzzano come un cadavere rimasto sotto il sole troppo a lungo. Il fatto che il fiore più grande della terra emani un odore di putrefazione fa pensare in qualche modo a una fiaba malvagia.
Solo il terzo direttore dell'orto botanico fu un olandese, per quanto anche lui di origine tedesca: i genitori di Johannes Elias Teijsmann provenivano dalla Renania settentrionale - Vestfalia. Nei giardini, di cui è stato direttore per trentotto anni, gli è stato dedicato un monumento. Avviò numerose spedizioni e per primo portò a Buitenzorg 133 piante dalla Nuova Guinea che all'epoca, sulle carte geografiche, era stata appena mappata. Di tutti i direttori fu il meno istruito e il più attivo. Dopo la scuola elementare aveva lavorato come giardiniere, o meglio come aiuto giardiniere, dando una mano al padre nella tenuta De Menthenberg ad Arnhem. A diciott'anni era diventato aiuto giardiniere a Voorburg, a servizio del generale Johannes conte di Den Bosch, che quando era stato nominato generale governatore delle Indie Olandesi lo aveva portato con sé a Buitenzorg. Teijsmann trasformò l'Orto Botanico Nazionale in uno splendido parco. E fece qualcosa di più, come ho notato il giorno dopo proseguendo la mia visita da Bogor a Bandung: nel 1852 fondò l'Orto Botanico Montano di Tjibodas, oggi Cibodas, ai piedi del monte Gede. Ancora più grande di quello di Buitenzorg, si estende dai 1300 ai 1425 metri sul livello del mare, e grazie a una temperatura media di diciotto gradi ospita una flora completamente diversa rispetto alla pianura tropicale. A Cibodas, Teijsmann avviò la coltivazione dell'albero di china da cui si estrae il chinino, il primo farmaco contro la malaria.
Il suo successore, Rudolph Scheffer, sembrava predestinato a Buitenzorg. Fin dai primi anni di scuola chiunque nel suo ambiente era convinto lo attendesse una grande carriera scientifica - dal direttore della scuola elementare del paese di Poortugaal al corettore dell'Erasmiaans Gymnasium di Rotterdam, che dopo la scuola gli dava ripetizioni di lingue antiche. Ottenuta la laurea in matematica e fisica all'università di Utrecht, il botanico Friedrich Miquel lo esortò a proseguire gli studi di botanica e lo preparò al ruolo di direttore dell'Orto Botanico Nazionale. Il governo olandese riconobbe a Scheffer una borsa di studio annuale di mille fiorini e lo mandò in tirocinio ai Kew Gardens di Londra - i famosi Royal Botanic Gardens, forse l'orto botanico più imponente al mondo - e al Jardin des Plantes di Parigi. A Buitenzorg Scheffer attuò un gran numero di riforme. Non ebbe molto tempo a disposizione - undici anni dopo il suo arrivo a Giava morì per una malattia al fegato - ma impiegò quegli anni come se avesse il diavolo alle calcagna. Per valorizzare il carattere scientifico dell'orto botanico istituì un museo e una biblioteca, e fondò una scuola di agricoltura per giovani provenienti da Giava e Sumatra, una delle prime scuole ad ammettere allievi locali. Allo stesso tempo conferì all'orto botanico un'impronta scientifica internazionale pubblicando, a partire dal 1876, gli Annales du Jardin Botanique de Buitenzorg. La rivista annuale uscì fino al 1940; con un po' di fortuna, qualche numero si può trovare ancora oggi a Parigi sulle bancarelle lungo la Senna. Vi si leggevano solo cose interessanti, dato che si trattava di nuove scoperte.
Il botanico Melchior Treub mise fine al romanticismo del XIX secolo e trasformò l'Orto Botanico Nazionale in un centro di ricerca moderno ed efficiente dedicato alla botanica tropicale. A Buitenzorg fondò la prima stazione di biologia sperimentale al mondo e nel 1902, ai margini dei giardini, fece costruire la Scuola secondaria di agricoltura, un altro bell'edificio dove oggi ha sede il Pertanian Bogor, l'Istituto di scienze agrarie, la più grande facoltà di agraria dell'Indonesia. Il Laboratorio Treub, un tempietto bianco...