Dall'Atlantico all'Atlante: La costa da Agadir a Goulimine; Antichi percorsi verso l'interno; Secoli di storia ad Akka e Tata; Distese desertiche fino a Zagora
Oasi e deserto: Tè nel deserto a Tamnougalt; Rissani: ksar e palmeti; Alba e tramonto all'Erg Chebbi; Le gole del Todra e del Dadès; La vita intorno al Dadès; La valle del Draa
Le città imperiali: Fes: l'orgoglio della prima capitale; Meknes, la città del sultano; La romana Volubilis; Rabat, la capitale
Costa ed entroterra settentrionali: Tangeri, tra mito e modernità; La costa mediterranea; L'andalusa Tetouan; Chefchaouen, bianca e azzurra
La costa atlantica: Tra storia e leggende; Casablanca, la capitale economica; Verso sud; Essaouira, la perla della costa
1.1 Storia
Preistoria
200.000 a.C. Resti umani risalenti al Paleolitico sono stati trovati nella costa atlantica assieme a strumenti in pietra; il più noto è l’uomo di Sidi Abd er Rahman, rinvenuto presso Casablanca.
50.000-30.000 a.C. Un Homo Sapiens arcaico visse nella regione orientale del Marocco. Verso la fine del periodo, la civiltà fu più complessa, come testimoniano alcuni utensili: raschiatoi, grattatoi, punte con peduncolo. I resti sono stati trovati soprattutto nella Grotte des Contrebandiers, vicino a Rabat.
14.000-8.000 a.C. Verso l’VIII millennio a.C. si concluse una civiltà cominciata almeno sei millenni prima, la civiltà iberomaurusiana, sviluppatasi soprattutto lungo le coste maghrebine, mentre nel Sud non ve n’è traccia probabilmente a causa dell’aridità. Gli Iberomaurusiani, affini all’Uomo di Cro-Magnon e anch’essi probabilmente di origine orientale, furono cacciatori e raccoglitori, vissero in grotte o costruirono ripari leggeri; non furono solo nomadi, ma conobbero lunghi periodi di vita sedentaria, ebbero un forte senso se non della famiglia almeno della solidarietà di gruppo (prestavano cure alle persone incapaci di procurarsi da sé la propria sopravvivenza), e seppellirono i propri morti, colorati o ornati con l’ocra, in veri monumenti funerari. Se la spiritualità fu certamente sviluppata, le manifestazioni artistiche restano scarsissime: solo qualche placchetta con incisioni e rare statuine di terracotta. Non li si può includere fra gli antenati degli artisti dei siti rupestri.
8.000-5.000 a.C. La civiltà successiva, la civiltà capsiana (dal nome di un sito archeologico in Tunisia, Gafsa, l’antica Capsa) si sviluppò per oltre tre millenni, occupò vaste regioni del Nordafrica e del Maghreb centrale, e fu caratterizzata da un tipo umano più “recente”, di origine orientale, considerato l’antenato del tipo mediterraneo che popola oggi l’Africa del Nord. Ciò significa che il sostrato umano più antico, da considerare come gli antenati dei Berberi attuali, sono proprio i Capsiani. I siti archeologici riferibili a questa cultura hanno un aspetto caratteristico: sono quasi tutti costituiti da enormi ammassi di resti di lumache (escargotières), mescolati a cenere (resti di focolare) ed a molte ossa, indicatori della dieta alimentare. I Capsiani, infatti, furono anch’essi cacciatori e raccoglitori con periodi di sedentarietà e praticarono una caccia selettiva. La preda più frequente era un grande mammifero, l’antilope bubala, che può misurare 140 cm al garrese e pesare fino a 200 chili. Altre prede frequenti erano il grande bue selvaggio e il muflone. Questo tipo di caccia richiedeva attività complesse e difficili che implicavano la collaborazione e la solidarietà di tutto il gruppo. I Capsiani furono sicuramente la prima cultura ad avere una ricca dimensione artistica, confermata dalla grande quantità di frammenti di uova di struzzo con incisioni di tipo geometrico: zig-zag, linee parallele e punti. Alcune placchette di roccia recano invece figure di animali, e numerose sono le statuine in pietra. È interessante notare come sin dall’inizio l’arte ha un contenuto animalistico, come avverrà poi per le incisioni che ornano le rocce dell’Atlante algerino, dell’Anti Atlante marocchino e del Sahara.
6.000-2.000 a.C. – Il Neolitico. Con questo termine si intende il passaggio da un’economia di predazione ad un’economia di produzione, ovvero da un modo di vivere basato sulla caccia e sulla raccolta di piante spontanee ad un altro basato sull’allevamento di animali domestici e sulla coltivazione di piante. Come corollario ci sono l’introduzione della ceramica, materiale adatto alle nuove abitudini alimentari basate sul consumo di cereali, e la nascita dei villaggi dovuto alla sedentarizzazione. Nel Nord la ceramica cardiale (decorata con una conchiglia chiamata cardium), rinvenuta dallo Stretto di Gibilterra sino a Rabat, testimonia l’appartenenza del nord del Marocco alla stessa civiltà del Neolitico antico, estesa dalla Liguria alla costa francese, sino alla Spagna orientale e meridionale e il sud del Portogallo.
Il Sud marocchino e le regioni del Sahara occidentale furono il punto d’incontro di influenze venute dal Mediterraneo attraverso la costa atlantica, dall’Africa del nord e dal Sahara centrale. Ad esempio, la ceramica fu molto decorata come quella sahariana, ma continuò la tradizione di utilizzare e decorare l’uovo di struzzo derivante dal Capsiano. Uno splendido esempio di quest’arte si trova al Museo Archeologico di Rabat: un’antilope è incisa finemente su un uovo di struzzo utilizzato come contenitore. Numerosi sono i siti della costa del Sahara occidentale che presentano una ricca industria litica, ceramica e strumentario in osso adatto alla pesca. Gli oggetti di “parure”, come perle e braccialetti, sono stati trovati un po’ ovunque. Le conchiglie, ovvie sul litorale, sono state rinvenute anche all’interno a molti chilometri dalla costa, indice sicuro di scambi e contatti. Alcune antichissime sepolture della regione di Tarfaya rivelano dei riti molti semplici (una fossa nella sabbia racchiusa da pietre) e un essenziale corredo funerario.
Il passaggio alla nuova economia avvenne verso il V millennio a.C. Tuttavia in queste immense regioni l’evoluzione verso il Neolitico attraversò uno sviluppo proprio: la base dell’economia, infatti, non fu l’agricoltura bensì l’allevamento, dando inizio a quel modello di vita pastorale che sussiste ancora oggi. L’evoluzione è sicuramente lenta: la vita di caccia proseguì a lungo ritardando l’introduzione delle nuove tecnologie, di cui evidentemente non se ne sentiva il bisogno. La novità importante del periodo fu l’esplosione dell’espressione artistica: l’arte rupestre apparve sulle rocce dell’Anti Atlante, del Jebel Bani e del Sahara occidentale in forme così raffinate che ci si stupisce dell’assenza apparente di una fase preparatoria. Manifestazione del mondo spirituale e mitico delle popolazioni neolitiche e post-neolitiche, essa si mantiene, con contenuti modificati, fino alla nostra era.
Una caratteristica del paesaggio sahariano e della regione del Draa è la presenza di cumuli di pietre, visibilmente artificiali. Sono i cosiddetti “monumenti funerari preislamici”, cioè sepolture risalenti ad un’epoca anteriore all’Islam. Questo termine generico nasconde una grande diversità tipologica e cronologica. Infatti, non si può escludere che alcuni siano neolitici, anche se la maggior parte sono da collegare con la fase posteriore, più arida, legata allo sviluppo della vita nomade. Ce ne sono di tutti i tipi: semplici ammassi di pietre e veri monumenti con cella, sepolture multiple, copertura a cilindro, ramificazioni ad antenna. Sono stati pochissimo studiati e molti sono stati depredati già in epoca antica dai cercatori di rame, presente nelle tombe sotto forma di gioielli e di armi.
Protostoria e storia antica
2.000-500 a.C. La diffusione dell’uso di metallo, rame e bronzo, avvenne lentamente. Le relazioni con la Penisola iberica, già attestate nel corso del Neolitico, si intensificarono ed aumentarono gli scambi e le influenze reciproche. Nell’arte rupestre dell’Alto Atlante si vedono rappresentazioni di scudi rettangolari e armi quali pugnali e asce.
La fine del Neolitico segnò il termine di un periodo climatico favorevole all’allevamento bovino; si verificò probabilmente nel corso del I millennio a.C. una drammatica frattura con il modo di vita precedente. Il Sud del Marocco si spopolò, e chi rimase decise di stanziarsi in luoghi favorevoli dove l’acqua era sempre disponibile. Non ne abbiamo la documentazione archeologica, ma di nuovo soccorre l’arte rupestre: infatti nelle incisioni, molto più rare rispetto alla fase precedente, è rappresentato un mondo nuovo, quello degli uomini a cavallo, armati di lunghe lance, di pugnale da braccio e di scudo rotondo. Questo equipaggiamento ha riscontri etnografici: i Tuareg, Berberi anch’essi, sono documentati storicamente con lo stesso abbigliamento. I nuovi arrivati si impongono sulle popolazioni locali, che a causa della crescente aridità si sono sedentarizzate e stanziate in quelle che diventeranno le oasi attuali. Il mondo berbero è presente almeno da allora. Apparve anche una scrittura, conosciuta come libico-berbera o tifinar (che indica in realtà la scrittura dei Tuareg), diffusa con alcune varianti in tutto il mondo berbero. L’unità linguistica è sicura: i Berberi hanno abitato tutto il Sahara dall’Atlantico al Nilo e dalla costa mediterranea al Sahel, Ciad escluso.
La parola “berbero” evoca nell’immaginario occidentale qualcosa di arcano e avvolto nel mistero, qualcosa legato ad un passato lontanissimo e oscuro, che persiste tuttavia in piena civiltà tecnologica, qualcosa di ancestrale e di sfuggente. Questo quadro un po’ mitologico dei Berberi non è del tutto irreale, soprattutto se si pensa all’antichità delle loro origini. Tuttavia resta la difficoltà di darne una definizione. Non è un’etnia nel senso stretto della parola, ma si riconoscono dalla lingua e dai vari dialetti, il maggior fattore discriminante; non hanno un modo di vita che li contraddistingue, possono essere nomadi o coltivatori, ricchi commercianti cittadini o abitanti di un paesino di montagna, così come tutti gli altri abitanti del Marocco. Ma tutti sanno di essere stati qui da sempre, di essere i primi abitanti di questo paese. È straordinario come dopo 1.400 anni dall’arrivo delle prime truppe arabe, la lingua si sia mantenuta così...