Cap. 1. Un diritto d'autore senza autore? Ripensare il concetto di creatività e la relativa disciplina
1. Dalla techne greca all'intelligenza artificiale generativa: l'affascinante evoluzione del concetto di creatività
Il 23 marzo 2023 ho partecipato come spettatore a un interessantissimo evento organizzato dal Politecnico delle Arti e del Design di Firenze e dall'ISIA Firenze, intitolato "Delle Arti e nuove intelligenze". Sul palco dello storico Teatro Niccolini, ho assistito a un confronto stimolante tra teorici e professionisti del mondo della creatività che condividevano con passione la loro esperienza con le nuove tecnologie basate sull'intelligenza artificiale generativa, raccontando come si stava profondamente modificando il loro ruolo di autori e artisti in questo nuovo scenario tecnologico.
In quel periodo stavo iniziando la stesura della prima edizione di questo libro (che sarebbe stato pubblicato nel giugno successivo) e vedere i relatori esporre sul palco casi emblematici di "sintografie" realizzate da fotografi "prestati" al mondo della creatività digitale mi ha aperto nuovi orizzonti, offrendomi spunti preziosi e concreti per i miei scritti e le mie lezioni universitarie.
Da questo incontro fortunato è nata quasi spontaneamente la proposta a Paolo Dalprato (uno dei relatori di quella giornata fiorentina) di realizzare le immagini di copertina del mio libro. Immagini che ancora oggi utilizzo come caso di studio emblematico per rispondere alla critica, ormai diventata un classico: "ma con l'intelligenza artificiale sono bravi tutti a fare immagini!". Una considerazione profondamente errata: se fosse davvero così semplice, invece di rivolgermi a un professionista della creatività come Paolo, avrei potuto semplicemente sperimentare autonomamente con i prompt e ricavarne qualcosa di mio. Sono assolutamente certo che il risultato sarebbe stato completamente diverso e sicuramente non all'altezza.
Ad ogni modo, al di là dell'aver conosciuto Paolo, quella giornata fiorentina è stata per me davvero illuminante su molteplici fronti: tutti i relatori hanno saputo individuare con precisione i nodi cruciali del tema "creatività artificiale" e le varie sessioni erano state strutturate magistralmente per generare quel dialogo costruttivo e quel fermento di idee necessari ad affrontare temi così complessi e innovativi. Non è un caso che molte delle riflessioni che ho poi sviluppato nel libro, in particolare nel primo capitolo, abbiano iniziato a prendere forma proprio assistendo al vivace dibattito del marzo 2023. Era evidente che il paradigma stava mutando radicalmente e gli esperti del mondo della creatività stavano dimostrando al pubblico presente in sala quanto l'atto creativo fosse ormai profondamente e inevitabilmente interconnesso con la tecnologia in molteplici ambiti della produzione artistica e culturale.
I greci antichi utilizzavano la parola techne per esprimere il concetto di "arte", associandola sapientemente ai concetti di "perizia", "saper fare", "competenza creativa". Molti secoli dopo, tra Settecento e Ottocento, la dottrina giuridica anglo-americana in materia di copyright ha elaborato una teoria illuminante secondo cui un'opera può definirsi autenticamente creativa quando nella sua realizzazione emergono tre elementi fondamentali: "skill, labour, judgement", cioè competenza, impegno (o fatica), scelta. Ritroviamo qui, sorprendentemente attuale, l'eco della "competenza creativa" degli antichi greci: la capacità di scegliere lo scalpello più adatto per forgiare il marmo, l'arte di miscelare sapientemente i colori a olio per stenderli in modo efficace sulla tela, la perizia nell'orchestrare armoniosamente le parti strumentali per comporre una sinfonia coinvolgente.
È nel ventesimo secolo, o forse già negli ultimi decenni del diciannovesimo, che in campo creativo il concetto ancestrale di techne si intreccia sempre più intimamente con quello moderno di «tecnologia». Emergono forme innovative di creatività che non possono prescindere dal supporto tecnologico: dalla fotografia, con i suoi processi meccanici rivoluzionari (si pensi al fondamentale caso giudiziario della foto di Oscar Wilde di Napoleon Sarony, ampiamente citato in questo libro), alla grafica digitale e alla musica elettronica, fino ad arrivare ai nostri tempi, tempi in cui la stragrande maggioranza della creatività si esprime necessariamente attraverso software e algoritmi. Oggi, ad eccezione delle arti più tradizionali come la scultura, la pittura e l'arte coreutica, tutte le forme creative transitano, in tutto o in parte, attraverso strumenti digitali: la scrittura in ogni sua declinazione, la composizione musicale contemporanea, la fotografia, la cinematografia, la grafica pubblicitaria ed editoriale, il design industriale, la progettazione di interfacce e servizi, l'architettura, lo sviluppo di software. Queste attività si svolgono prevalentemente attraverso computer o altri dispositivi digitali sempre più evoluti (tablet, fotocamere professionali, smartphone di ultima generazione), utilizzando software specifici e altamente specializzati.
Negli ultimi due/tre anni, però, abbiamo compiuto un ulteriore passo significativo, entrando decisamente in una nuova era tecnologica e creativa. I sistemi di intelligenza artificiale generativa non rappresentano più semplici strumenti passivi nelle mani degli autori, ma assumono un ruolo sempre più complementare e sorprendentemente propositivo. Partendo dall'input umano, questi sistemi sono in grado di elaborare soluzioni innovative e del tutto inattese, aprendo scenari creativi precedentemente inimmaginabili.
Il processo creativo rimane comunque avviato e controllato dall'essere umano, ma una parte significativa di "skill" e "labour" viene assunta dall'intelligenza artificiale. All'essere umano rimane indubbiamente il "judgement": le scelte creative fondamentali sull'input da fornire e sulla selezione accurata dell'output da pubblicare e diffondere come opera compiuta. L'essere umano determina con precisione la direzione del processo generativo e valuta con sensibilità artistica quando il risultato ottenuto corrisponde pienamente alle sue esigenze creative, decidendo il momento opportuno della sua "cristallizzazione" in opera fruibile dal pubblico. La competenza si trasforma e si adatta al nuovo paradigma: non sono più richieste esclusivamente le abilità tradizionali specifiche di ogni forma artistica, ma emerge prepotentemente l'importanza del "fine tuning" del sistema di AI. La scelta consapevole (judgement) diventa il cardine imprescindibile della nuova creatività, permettendo agli autori di affermare con orgoglio "ho creato questo con l'intelligenza artificiale" invece di limitarsi a dire passivamente "questo è stato generato dall'intelligenza artificiale".
Certo, tutto ciò ha senso e rimane valido solo se davvero l'utente umano si pone con un atteggiamento creativo; e di certo non avviene in tutti quei casi in cui pigramente lasciamo fare alla macchina, ci accontentiamo del primo risultato che ci viene offerto, magari utilizzando dei prompt preconfezionati.
Non si può negare comunque che, in questo scenario complesso e in rapida evoluzione, il ruolo dell'autore subisca una trasformazione radicale e profonda, tanto che numerosi studiosi del diritto d'autore si trovano in seria difficoltà nel definire nuovi paradigmi interpretativi adeguati. Il diritto d'autore classico, nato nel diciottesimo secolo nell'era della letteratura, della pittura e della musica sinfonica, fondato sul presupposto imprescindibile che l'autore sia necessariamente un essere umano, mostra oggi evidenti limiti concettuali e applicativi. Come può un istituto giuridico marcatamente "antropocentrico" adattarsi a un mondo in cui la creatività è profondamente intrecciata con la tecnologia e in cui si parla sempre più insistentemente di un autore "ibridato con la macchina"?
Il mondo giuridico necessiterà inevitabilmente dei suoi tempi fisiologici per elaborare risposte adeguate a queste sfide, e sarà mio impegno tenere costantemente aggiornato il pubblico interessato su questi sviluppi. Nel frattempo, appare fondamentale sviluppare una riflessione approfondita e sistematica sul ruolo dell'autore e sulla sua rapida evoluzione in questa nuova rivoluzione tecnologica, che già dai suoi primi esordi ci mostra la straordinaria velocità dei cambiamenti in atto e di quelli futuri. Possiamo già iniziare a parlare concretamente di un "autore ibrido" o di un "metaautore", come alcuni pensatori visionari hanno iniziato a suggerire?
2. Autori non umani ma nemmeno artificiali: il parallelismo con le opere create da animali
Quando nell'ambito della mia attività di docenza e divulgazione mi trovo a parlare di creazioni non umane amo fare un parallelismo che desta curiosità e simpatia: quello con le creazioni realizzate da animali.
2.1. Casi più emblematici
In ordine storico, il primo caso noto in cui si è posto il dubbio della tutelabilità di queste opere risale agli inizi del Novecento con i quadri realizzati parzialmente dall'asino Lolo. Parzialmente nel senso che l'asino era per lo più guidato da un artista umano in passaggi fondamentali come la scelta dei colori e l'impostazione del pennello sulla tela; inoltre l'artista stesso (il francese Roland Dorgelès) si preoccupava di rimettere le mani sullo schizzo ottenuto con il contributo dell'animale e quindi a dare un sostanziale se non determinante contributo creativo.
Un primo caso noto di opere realizzate invece...