Veduta notturna dell'Acropoli di Atene.
Atene: palinsesto di sguardi
Una passeggiata con il giornalista Nikos Vatòpoulos attraverso i palazzi e le epoche di Atene, una città dai molti volti - etnici e architettonici - in cui l'unica costante è il cambiamento.
NIKOS VATÒPOULOS
Traduzione di Gilda Tentorio
NIKOS VATÒPOULOS - Laureato in Sociologia al Deree American College di Atene, si è specializzato in Studi europei all'Università di Reading. Dal 1988 collabora con il quotidiano Kathimerini, soprattutto con reportage dalla città di Atene; dal 2007 al 2014 è stato responsabile della sezione Arte e cultura. Tra i suoi libri, Facing Athens (Potamòs Publications, 2008) e Perpatòntas stin Athina («Camminare ad Atene», Metèchmio, 2018), una selezione dei testi della sua rubrica domenicale. Oltre al giornalismo, Nikos Vatòpoulos si occupa di fotografia e organizza tour pedonali sull'architettura ateniese.
Ci sono giorni in cui mi sento come uno di quei viaggiatori dei tempi andati, che si fermavano con timore reverenziale davanti alle rovine antiche. Le rovine infatti mi hanno sempre affascinato, fin da bambino. Mi comunicavano già allora il concetto di gloria e il senso della perdita, in una prospettiva per così dire esistenziale. Sto parlando dei primi decenni dopo la Seconda guerra mondiale: anche allora ad Atene c'erano molte case abbandonate, ma l'idea delle rovine si legava soprattutto ai frammenti di un passato antico che riaffiorava come un fiume carsico dalle viscere della fisionomia urbana recente, sotto una misteriosa stratificazione di generazioni successive.
Sono nato ad Atene in un'epoca in cui tutto era in mutamento. Il mondo nuovo si faceva largo con un'aggressività a tratti devastante e l'idea di una Grecia nuova e moderna, risorta dopo i disastri della guerra, era seducente e inebriava gli animi di molti. Nonostante gli errori e le aspirazioni spesso deluse, si tratta di una visione rimasta più o meno intatta fino alla soglia del nuovo millennio.
Cominciai a scattare le prime fotografie della città quando ero adolescente, e nelle mie inquadrature tornavano spesso i profili di vecchie case relegate negli angoli delle vie o schiacciate fra casermoni di sei piani. Erano fotografie di una mano inesperta, ma l'intenzione, forse inconsapevole, era di salvare il ricordo. Stava nascendo un legame tra me e la città.
Con il passare degli anni la città cambiava e io con lei, io e la città invecchiavamo insieme. Erano cambiamenti che sentivo quasi fisicamente, come il fastidio di un ascesso in bocca, o che notavo come quando allo specchio ti accorgi che i tuoi capelli stanno diventando grigi sempre più in fretta. Ho aperto gli occhi e ho guardato di nuovo la mia città. Gli edifici che negli anni Sessanta erano moderni, ora li scoprivo miei coetanei, di mezza età. Ho cominciato a vedere con altri occhi i custodi della vecchia Atene, sparsi nella città a macchia di leopardo, nel centro ma ancor di più negli altri quartieri: le rovine dell'antica città signorile stavano in piedi come morti imbalsamati. Divennero presenze amiche.
Ho iniziato a vagare di strada in strada, in una sorta di ansia di catalogazione. I quartieri residenziali ateniesi, protagonisti della vita greca dall'Ottocento a oggi, sono disseminati di edifici risalenti agli anni 1900-1920, che sembrano «stonati» rispetto al resto del paesaggio urbano: sono gli ultimi sopravvissuti delle diverse ondate di demolizioni che, soprattutto dopo il 1955, hanno cambiato lo stile e il volto della capitale, e alcuni di essi oggi versano in pessime condizioni, bisognosi di restauro. Troppo semplicistico spiegare lo stato di abbandono come una conseguenza della drammatica crisi economica scoppiata nel 2010: si tratta purtroppo di un processo di decadimento che affonda le radici nei decenni precedenti, con problemi legali e questioni di eredità a complicare la situazione. Molti di questi edifici, dichiarati patrimonio immobiliare da salvaguardare, sono tutelati dalla legge e tuttavia rimangono lì, fatiscenti e in rovina; negli ultimi anni si sono registrati addirittura dei crolli. In generale è uno spettacolo avvilente e drammatico.
«Per molti greci - e fra questi mi ci metto anch'io e molti miei coetanei - l'Atene di oggi si identifica con due idee opposte e compresenti: trionfo e lutto.»
I turisti che affollano Atene e quanti hanno imparato a conoscerla attraverso le letture e l'immaginario, più che con la razionalità, fanno caso a questo giacimento prezioso? Per molti greci - e fra questi mi ci metto anch'io e molti miei coetanei - l'Atene di oggi si identifica con due idee opposte e compresenti: trionfo e lutto. Generazioni di ateniesi sono cresciute con la sensazione che questa città, nonostante le grandi disuguaglianze sociali e le contraddizioni tipiche di ogni metropoli, abbia raggiunto il benessere nel dopoguerra, a prezzo però della perdita della misura e dell'armonia, suoi tratti caratterizzanti fino agli ultimi anni Cinquanta. Chi è nato dopo il 1970 ha interiorizzato l'idea di una Atene menomata.
Provate a salire sui colli storici, l'Acropoli o il Licabetto: da lassù capirete quanto sia estesa Atene. In particolare, la città che si dispiega ai piedi dell'Acropoli somiglia a un mare bianco-argento denso di costruzioni, erette perlopiù dopo il 1950. Atene è per così dire il trionfo del modernismo cubista o l'applicazione pratica di Le Corbusier su larga scala, ma sarebbe un po' riduttivo spiegare la sua espansione come un riflesso della galoppante urbanizzazione dagli anni Cinquanta agli Ottanta. Per fortuna la crescita della popolazione dagli anni Novanta sembra essere rallentata, anche se è difficile stabilire il numero effettivo degli abitanti, a causa della gran quantità di immigrati stranieri. È impossibile comprendere l'Atene di oggi senza considerare questo parametro, che ha cambiato il volto quotidiano della metropoli. Atene era una città relativamente omogenea finché dal 1990 sono affluite le prime ondate di immigrati (Balcani, Polonia e Paesi dell'ex cortina di ferro). In anni recenti immigrati soprattutto dall'Asia e dall'Africa hanno occupato interi quartieri del centro, ma anche i quartieri borghesi.
Ma per capire a fondo la capitale greca e le sue case in rovina, occorre ripercorrere i diversi cicli storici, caratterizzati da un ricambio continuo della popolazione.
L'Atene moderna rinasce intorno al 1830, nel clima del Romanticismo europeo, vibrante di sogni e ideali. La Grecia è uno stato giovane, coetaneo del Belgio, che ha raggiunto il suo primo nucleo unitario prima di Italia, Germania e Paesi balcanici. Si libera con una lotta decennale dal dominio ottomano e Atene viene proclamata capitale nel 1834. L'adesione all'architettura neoclassica è l'esito naturale degli eventi, in quanto il primo re - il giovane Ottone, figlio del re di Baviera Ludovico I - è un fervente filelleno. Atene, sebbene abbia le dimensioni di un villaggio di poche migliaia di abitanti, esercita un enorme fascino sia sui greci della diaspora, che vedono nella nuova capitale la culla di una possibile rinascita, sia sulle élite culturali europee. L'Acropoli e gli altri monumenti dell'antichità greca e romana erano disseminati nel cuore della città vecchia e in vasti terreni allora non edificati.
Una delle molte case in decadenza nel centro di Atene.
Gommista al Pireo.
ATENE, ANNO 1841
La mappa di P. W. Forchhammer mostra come a metà dell'Ottocento Atene fosse ancora un villaggio di poche migliaia di abitanti.
Una cosa che ha sempre caratterizzato Atene è la febbre costruttiva. Nella fase iniziale il desiderio era di creare una capitale degna di questo nome. Fra gli esempi più significativi e ammirati ancora oggi ci sono gli edifici pubblici neoclassici che gradualmente occupano via Panepistimìou, opera dell'architetto danese Christian Hansen (1842), e la contigua Accademia di Atene, completata negli anni 1880 sui progetti di Theophil Hansen, suo fratello. L'Accademia di Atene è giustamente ritenuta uno dei più eleganti esempi di architettura pubblica al mondo, anche grazie al suo ricco apparato scultoreo: Atena e Apollo dominano su alte colonne e la cura maniacale dei dettagli dà la misura dell'ambizione della piccola capitale.
L'Accademia è un edificio emblematico che attesta le reti di relazioni internazionali e il circolo virtuoso di idee e di uomini che portarono anche nell'Atene del Diciannovesimo secolo a proficue sinergie e reciproche influenze. La costruzione viene finanziata dal barone greco Simon Sinas, membro della potente comunità ellenica di Vienna (a cui apparteneva anche Nikolaus Dumba, che finanziò la famosa sala da concerti Musikverein). Sinas sceglie il danese Theophil Hansen, che lavorava allora a Vienna, dove fra l'altro aveva costruito il Parlamento austriaco, modello a cui si ispira per l'Accademia di Atene.
Hansen arriva nella capitale greca insieme al suo discepolo Ernst Ziller, architetto sassone che si fermerà ad Atene, sposerà una ragazza greca, diventerà «greco» e introdurrà il suo stile, che mescola neoclassicismo e Rinascimento, costruendo in Grecia circa cinquecento edifici. Ancora oggi tutti nel paese conoscono Ziller, che appartiene ormai al pantheon della mitologia greca moderna. Infatti ad Atene si ritrovano i segni della sua «tavolozza estetica», che ha fatto scuola, generando uno sguardo particolare sulla città e molti epigoni del suo stile: le Cariatidi, il rosso pompeiano,...